GIORGIO DELL’ARTI
Si dice che con la fusione tra Fiat e Peugeot si chiuderanno gli stabilimenti in Italia, si perderanno posti di lavoro.
Intanto lei dice “Fiat” e dovrebbe dire “Fca”. “Fca” significa Fiat+Chrysler. La vecchia Fiat non è più italiana da un pezzo, ha sede legale ad Amsterdam e ricava dall’Italia solo il 10 per cento degli introiti.
Ma ora gli stabilimenti in Italia saranno chiusi o no?
Al momento sembrerebbe di no. Sono stati anche confermati i 5 miliardi di investimenti promessi a suo tempo. È più pericoloso, casomai, il forte calo nella produzione provocato dalla pandemia che il matrimonio con i francesi.
Comanderanno loro o comanderemo noi?
Il suo “noi” è come minimo ingenuo. Si rassegni: non si tratta più di un’azienda italiana, ammesso (e per ora non concesso) che vogliano chiudere qualche centro di produzione non sarà il nostro governo a poterlo impedire. L’unica strada per salvare i posti di lavoro, quando si verificano casi come questo, è quello di tirar fuori soldi per ridare un po’ di convenienza agli insediamenti nostrani. E comunque: Fca e Peugeot si integrano piuttosto bene. Peugeot porta una forte presenza in Asia ed è molto avanti nella produzione delle auto elettriche. Fca, grazie a Chrysler, ha una formidabile dote sulmercato americano, oltre a un vecchio primato nella fabbricazione delle piccole.
Lei non mi ha ancora risposto sul punto che secondo me è decisivo: comanderà John Elkann, cioè gli Agnelli, o Peugeot?
John Elkann, attraverso la sua finanziaria Exor, è il primo azionista del nuovo gruppo, che si chiama Stellantis e ha ottenuto la presidenza di Stellantis. Però in consiglio d’amministrazione i francesi hanno sei posti e gli italiani cinque e il ceo del nuovo gruppo è quello di Peugeot. Nel capitale di Stellantis c’è anche lo Stato francese. Credo che faranno di tutto per andare d’accordo e procedere con scelte condivise. Ma ho l’impressione che l’ultima parola, se ci saranno diversità di vedute o addirittura contrasti, sarà la loro.