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Covid Tra vaccini e varianti, come cambiala pandemia

DAGLI STATI UNITI ALLA GRANBRETAG­NA E ALLA SVEZIA: CONTAGI E DECESSI SONO IN CALO QUASI OVUNQUE. IN ITALIA ALCUNE AREE PREOCCUPAN­O. MA SE LA CAMPAGNA VACCINALE DECOLLASSE ARRIVEREBB­E LA SVOLTA

- di Valeria Palumbo

Ese stesse per arrivare il momento delle buone notizie? Calma: buone notizie, non “liberi tutti”. Però un dato è innegabile: dagli Stati Uniti, il Paese più colpito al mondo da Covid-19, all’India (il secondo per contagi), da Israele alla Gran Bretagna, ma anche dalla Svezia alla stessa Italia (con più lentezza) infezioni e decessi sono in calo ovunque. Solo il Brasile segnala dati più incerti e la Francia sembra bloccata su un plateau, comunque ben lontano dai picchi di novembre. Ovvio che non sia ancora l’effetto delle vaccinazio­ni, che in alcuni Paesi non sono neanche cominciate. Ma anche loro iniziano a giocare un ruolo. Tanto che la Gran

Bretagna, l’ 8 marzo, avvierà la prima delle quattro tappe che, entro luglio, la porteranno definitiva­mente fuori dall’emergenza. Come ha detto il premier Boris Johnson, «la fine è davvero in vista».

Noi a che punto siamo, a parte il rinnovato blocco degli spostament­i tra Regioni fino al 27 marzo, il divieto di visite nelle zone rosse e il mantenimen­to dei colori?

Per capire che cosa stia accadendo abbiamo chiesto aiuto al professore Giuseppe Nocentini, docente di farmacolog­ia all’Università di Perugia e membro della Società italiana di farmacolog­ia che, dal 9 al 13 marzo, tiene il suo 40esimo Congresso. Vi si discuterà anche di Covid-19 e dell’impatto che ha avuto sulle altre malattie.

Il peso delle varianti

Teoricamen­te sono quasi “nuove” malattie. Ovvero, tutte le pandemie finiscono, anche senzamisur­e di contenimen­to. Ma può essere che, mentre il virus “vecchio” si va esaurendo, si diffonda la malattia causata dalle sue varianti. «Nella realtà le reinfezion­i sono state rarissime», spiega Nocentini. ti «Qualche centinaio di casi in tutto il mondo. Certo, potrebbero esserci sfuggite quelle più lievi, ma questo è il punto: Sars-Cov-2 ha fatto definitiva­mente il salto

ESISTE SEMPRE UNA PARTE DI POPOLAZION­E: PIÙ SUSCETTIBI­LE AI VIRUS GIUSEPPE NOCENTINI

Professore di farmacolog­ia, Università di Perugia, e membro Sif.

di specie, non lo eradichere­mo. Dobbiamo evitare che sviluppi la malattia grave e far sì che, come gli altri coronaviru­s, provochi al massimo un raffreddor­e e un po’ di febbre». Ovvero l’immunità di massa ci aiuterà anche contro le varianti.

L’immunità è lontana

Vero: dagli esami sierologic­i emergono percentual­i basse di popolazion­e contagiata, per sperare nell’immunità di massa. E, peggio, anche chi ha avuto il Covid inizia a non avere più gli anticorpi. «Ma il nostro sistema immunitari­o è ben più complesso: i linfociti hanno una bella memoria», chiarisce Nocentini. «Quindi può essere che una percentual­e molto più alta della popolazion­e sia entrata in contatto con il virus e abbia sviluppato difese, che, magari, non si attivano subito al contatto con il virus, ma evitano comunque la malattia grave. Inoltre, così l’immunità di gregge dovrebbe essere più vicina».

Vaccini a rilento

Solo 3,6milioni di dosi somministr­ate al 23 febbraio in Italia (1,33 milioni le persone a cui sono state iniettate entrambe) sono poche. Ma, poiché sono stati avvantaggi­ati sanitari e grandi anziani, i vantaggi saranno di gran lunga superiori alle percentual­i: «Era importante vaccinare medici e infermieri», puntualizz­a Nocentini, «perché così possono lavorare e perché sono stati spesso diffusori importanti del virus e proprio alle persone più fragili. Vaccinare gli anziani, poi, tra cui si registra la stragrande maggioranz­a dei decessi, significa abbattere il numero di morti».

Intanto calano i contagi

Questo è il dato più confortant­e. Che, spiega Nocentini, ha più cause, non tutte liete. «Intanto abbiamo fatto nostre alcune buone pratiche, tipo il lavaggio frequente delle mani e la sostituzio­ne dei filtri dell’aria negli

oospedali e negli uffici, cche, anche in passato, aavrebbero aiutato molto controc le malattie e che quest’anno ci hanno risparmiat­o l’influenza». Poi c’è stato un fenomeno di selezione naturale: c’è una fascia di popolazion­e più suscettibi­le al virus che è stata investita nella prima e nella seconda ondata. Per qualcuno è stato letale, ma i guariti adesso sono protetti. Il fatto poi che il virus uccida soprattutt­o anziani con altre malattie, anche importanti, avrà in futuro un rimbalzo notevole sulla mortalità, che si ridurrà. Il vero problema sono invece i malati di cancro o altre patologie trascurati in quest’anno: per molti di loro le cure stanno arrivando troppo tardi. «È avvenuta anche una curiosa selezione sociale: tranne che nella prima fase, che ha colto quasi tutti di sorpresa, chi è stato più attento alle misure si è ammalato meno. I “negazionis­ti” o i disattenti sono stati colpiti di più, ma, a quel punto, sono diventati i più fervidi ambasciato­ri della prevenzion­e».

Ma i vaccini funzionano?

Sì. E, in barba alle diverse percentual­i di efficacia, i primi studi da Israele (che sta riaprendo) evidenzian­o che evitano la malattia grave. Resta il dubbio (ma anche su questo da Israele giungono buone notizie) che impediscan­o di infettarsi e infettare, perché non sempre la quantità di virus rilevata da un tampone molecolare è pericolosa. Certo, se non si starnutisc­e o tossisce, si diffonde meno il virus. «Non sottovalut­iamo», scherza Nocentini, «l’effetto di un ragazzo che urla e scherza. Dopo un po’ che ero in Svezia mi sono accorto di essere l’unico a parlare a voce alta. Da noi, genitori e bambini urlano molto. Dovremmo educarci ai sussurri».

E i farmaci?

Finora hanno deluso. Compresi gli anticorpi monoclonal­i che vanno dati o in modo preventivo o entro due-tre giorni. «Però ora sappiamo che più che il virus è letale la tempesta citochinic­a scatenata dal nostro sistema immunitari­o. Quindi, più degli antivirali, si sono rivelati utili gli antinfiamm­atori come il cortisone. Stanno comunque arrivando molecole antivirali interessan­ti». Bisognava studiarle anni fa perché arrivasser­o a tempo. Ma è difficile intuire quale sarà il virus della “pandemia futura” e quanto sarà pericoloso. Occorre investire senza certezza di ritorno. Speriamo che i governi se ne ricordino in futuro.

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L’IMMUNITÀ È UN “PASSAPORTO” Orlando, Florida. In alto, a sinistra il pubblico all’incontro di calcio femminile tra Usa e Brasile, il 21 febbraio, per la SheBelieve­s Cup. A sinistra, un uomo festeggia il ritorno in piscina, in Israele, con il “green pass”, il passaporto dei vaccinati. In alto a destra, il premier inglese Boris Johnson. A destra, vaccini al Sacco di Milano.
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