IL SORRISODI UN FIGLIO
L’OSPITALITÀ E LE CUREOFFERTE A UNBAMBINOSIRIANO SONOPIÙ CHEUNABELLA STORIA
Quando alle 17.35 del 22 gennaio è sbucato dal tunnel, al gate dell’aeroporto di Fiumicino, prima è arrivato il suo sorriso e poi è apparso lui, Mustafa, il bambino che è nato quasi sei anni fa a Idlib, inSiria, conarti incompleti o mancanti ma che è cresciuto con una straripante voglia di vivere. Chiunque ne abbia visto i filmati sarà rimasto colpito dalla forza trasmessa da quella manina solo abbozzata che trattiene un pennarello, dalle capriole sul divano, da quel darsi la spinta e rotolare a girotondo, lui che al tradizionale gioco del “tutti giù per terra” non può prendere parte.
Mustafa stava in braccio al padre, in carrozzina perché nella carneficina siriana una bomba gli ha portato via una gamba. E papàMunzir lo sollevava davanti a sé come un trofeo. Già, in qualche bar o in qualche social della vergogna, gli sproloquiatori dell’orda, dell’invasione degli stranieri avranno certo argomentato che quel suo piccolo “mutilatino” ha fatto vincere a lui e alla sua famiglia il premio di una vita a sbafo in Italia. Munzir El Nessel che ne sadiqueste cose, di questi veleni tossici... lo alzava come una coppa soltanto perché era riuscito a dargli un futuro. E ha detto parole semplici: «Adesso è anche vostro figlio».
Èun figlio “nostro” perché una serie di fattori si sono allineati come inuna improbabile congiunzione astrale: il fotografo turco Mehmet Aslan che immortala padre e figliomentre il loro giocodi sguardi diventauninno alla vita (guardate lo scatto a pag. 69); l’immagine che non sfugge all’organizzatore di un festival di fotografia; l’esistenza in Italia di un centro d’eccellenza nelle protesi e tecniche ortopediche; il successo della raccolta fondi...
Ora la famiglia siriana è ospite inToscana, inuna casadella Curia di Siena, e le cronache ci raccontano il calore con cui sono stati da subito circondati Mustafa, Munzir, la moglie Zeinabe le loro altredue figlie. Manon tuttihanno la tempra diAlex Zanardi o BebeVio: non sarà una favola perMustafa, soprattutto dal punto di vista psicologico, la conquista dell’autonomiamotoria, come cihanno spiegato al Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio e come potete leggere nel nostro articolo. Ma è una speranza.
Ed è fatto di speranze e tanta concretissima operatività anche lo sforzo che, come in questo caso, singoli, associazioni ed enti mettono al servizio della nobile impresa non di svuotare il mare con il secchiello, non di risolvere il problema epocale delle migrazioni di massa, ma di offrire una chance almeno ad alcuni: in mare, nei programmi di integrazione che funzionano a dispetto dei santi, nelle scuole dove si insegna l’italiano e il meglio degli italiani, daDante a Falcone e Borsellino. E non sembri irriverente, dato che questo giornale esce nel Giorno della memoria, ricordare il pianto straziato di LiamNeeson-Oscar Schindler nel memorabile film di Steven Spielberg. Quando gli ricordano che, come recida il Talmud, «chiunque salva una vita, salva il mondo intero», risponde: «Avrei potuto farne uscire altri, avrei potuto salvarne altri… Se avessi avuto più denaro… Ho… ho buttato via tanto di quel denaro, lei non ha idea… se soltanto io…». Per esempio, se soltanto noi favorissimo la salvezza anche di una sola donna afghana, grazie a qualche strana congiunzione astrale, grazie alla diplomazia parallela di chi sta dove si soffre, grazie a quel sommarsi di volontà individuali e collettive chenel casodiMustafaha funzionato, avremmo un’altra figlia “nostra”.
PS. Questa pagina fino alla scorsa settimana era scritta da Umberto Brindani e prestissimo, se lo vorrà, sarà lo spazio degli editoriali del nuovo direttore, CarloVerdelli. Al primo vanno i ringraziamenti miei personali e di tutta la redazione per il valore professionale e la generosità con i quali ci ha guidati. Al secondo un caloroso benvenuto.