Attentati aerei: gli altri (possibili) bersagli
Dall’Algeria allo Yemen, dal Kenya all’Arabia saudita, tanti Paesi potrebbero finire nel mirino dei jihadisti. Italia inclusa.
Russi ed egiziani lo hanno ammesso. A far esplodere sui cieli del Sinai l’Airbus A-321l russo è stata una bomba piazzata sul velivolo all’aeroporto di Sharm el-Sheik, probabilmente grazie a un terrorista infiltrato tra il personale addetto al carico dei velivoli. Uno smacco per la sicurezza egiziana che costituisce, per l’ampia visibilità mediatica dell’evento, un successo spettacolare per l’imam Abu Osama al-Masri, leader dello Stato Islamico nella provincia del Sinai (branca egiziana dell’Isis). Ma è anche un precedente che potrebbe trovare molti emuli tra i diversi gruppi jihadisti che hanno aderito al Califfato in Africa o Medio Oriente, regioni dove le difficoltà a controllare ampi territori e la corruzione dilagante rendono più agevole l’azione terroristica contro il traffico aereo civile.
Le milizie di Boko Haram, al-Morabitun e al-Qaeda nel Maghreb islamico costituiscono una minaccia per Algeria, Africa occidentale e Sahel. Mentre in Kenya e Africa orientale sono già da tempo attive cellule terroristiche che fanno capo al movimento somalo Shabaab. I bersagli aerei potrebbero venire presi di mira da al-Qaeda nello Yemen e in Arabia saudita, mentre l’Isis è in grado di colpire nei Paesi confinanti con Iraq e Siria. I servizi di sicurezza di Mosca temono che l’intervento militare in Siria (al fianco delle truppe di Bashar al Assad e contro lo Stato Islamico e le milizie salafite e qaediste, come il Fronte al Nusra) possa saldare gruppi jihadisti rivali. L’obiettivo? Colpire nella stessa Russia e nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche, impiegando terroristi caucasici o qaedisti infiltrati dall’Afghanistan.
Nonostante i sospetti emersi proprio nel caso dell’Airbus russo abbattuto in Sinai, i miliziani sono privi dei sofisticati e ingombranti missili a guida radar che consentono di abbattere un aereo commerciale ad alta quota. Potrebbero però colpire aerei di linea russi o di Paesi occidentali membri della coalizione anti-Isis, infiltrando propri uomini tra il personale aeroportuale, oppure nella fase di decollo e atterraggio impiegando missili portatili a corto raggio che seguono la fonte di calore dei motori.