Italia, una nazione con poco appeal
Una classifica misura il valore dei Paesi come fossero marchi: vince Singapore, noi siamo al 59° posto.
Cinquantanovesima in classifica generale. Una posizione che zavorra le imprese italiane nella competizione globale e le svaluta sul mercato mondiale, rendendole un boccone più facile per i concorrenti. A fotografare la realtà della (scarsa) competitività dell’Italia è «Nation brands 2015», la ricerca nata dalla collaborazione tra Brand finance, la più reputata agenzia al mondo di valutazione dei marchi e di altri beni intangibili, e il Financial Times, attraverso la controllata Fdi Intelligence, che monitora le potenzialità della globalizzazione. La graduatoria valuta la forza di attrazione dei Paesi come fossero marchi commerciali, non solo per il peso socio-economico ma anche per il ruolo nelle relazioni internazionali e per la capacità di fare sistema con gli operatori economici. Riflette, insomma, l’immagine complessiva di un Paese che influenza sia gli acquisti dall’estero di prodotti e servizi, sia gli investimenti.
A guidare il ranking di Nation brands 2015 è Singapore, che dimostra come il peso del Pil non sia tutto nel profilo di un Paese. La città-stato è seguita da Svizzera ed Emirati Arabi Uniti. Il Regno Unito è nella posizione numero 11, la Germania è 13esima, il Giappone un gradino al di sotto, gli Usa al 18° posto. Più in basso la Francia (28), la Spagna (34). E ancora Cina (37), Polonia (46), Turchia (51), Grecia (55). L’Italia è appunto 59esima, sia pure con una valutazione A, che la fa rientrare nella fascia dei brand forti. Che cosa trascina tanto in basso il nostro Paese? L’organizzazione sociale deficitaria, nella quale pesa negativamente il sistema giudiziario. L’accesso all’imprenditorialità, ostacolato dalla iper-regolamentazione, dalla tassazione elevata, dalla penalizzante gestione dei talenti. L’insoddisfacente rapporto qualità-prezzo dei servizi. «Questo dato rivela che le imprese italiane» sintetizza Massimo Pizzo, che presidia la postazione milanese di Brand Finance «solo per ottenere gli stessi risultati dei concorrenti stranieri, devono investire molto di più, perché meno sostenute dalla forza del brand nazionale».