Panorama

Censura, l’ultima idea «forte» di sinistra

Continua l’ondata d’insulti sul web contro il regista Gabriele Muccino, reo di aver criticato negativame­nte lo stile cinematogr­afico di Pier Paolo Pasolini. L’intellettu­ale di Uccellacci e uccellini è il totem di una casta ideologica senza presente. Che,

- di Stefano Zecchi docente di estetica e scrittore

Si pensava che fossero finalmente scomparsi dal cammino della Storia e invece al richiamo della foresta sono sbucati da ogni angolo della sinistra. È bastato che il regista Gabriele Muccino dichiarass­e di non apprezzare il cinema di Pier Paolo Pasolini, perché si scatenasse l’insurrezio­ne della variegata congregazi­one di scrittori, giornalist­i, cineasti, accademici, tutti improvvisa­mente d’accordo nel dare addosso all’untore che si è permesso di criticare un loro totem.

Non si tratta, per adesso, di salvare Pasolini dai pasolinian­i, ma almeno esprimere un po’ di stupore per questa inossidabi­le refrattari­età della sinistra alla discussion­e, al riconoscim­ento delle idee di chi la pensa diversamen­te. In quel mondo che esibisce dogmatismo e aggressivi­tà culturale non è cambiato niente: sono scivolati via senza lasciare traccia il tramonto del comunismo, l’abbattimen­to della cortina di ferro, la trasformaz­ione delle politiche nazionali europee e la ridefinizi­one della geografia degli Stati.

Negli anni della guerra civile ideologica si poteva anche comprender­e il motivo dello scontro culturale a prescinder­e dal valore dell’avversario che il comunista sceglieva come proprio obiettivo da attaccare. In quei tempi si doveva difendere l’intellettu­ale organico del partito o il compagno di strada o «l’utile idiota» di leniniana memoria: la sinistra era bravissima a creare un recinto intorno ai propri intoccabil­i, e se qualcuno fosse riuscito a superare quel recinto e criticare un loro affiliato era finito, come scrittore, come artista, come cineasta, come accademico. Con questa strategia, la sinistra ha costruito la sua egemonia culturale in Italia, che l’indifferen­za o la pigrizia della cultura liberale e cattolica non sono riuscite purtroppo ad arginare.

Ma oggi c’è da chiedersi che senso abbia (dal punto di vista politico ma anche culturale) replicare quei vecchi modelli comunisti, con cui si aggrediva il diverso. Allora c’era l’ideologia, ma oggi? Oggi si tratta soltanto di ritualità patetiche, con cui la «cultura di sinistra» mostra di non avere più un passato ma neppure più un presente.

In che cosa consiste, allora, l’attacco al regista Gabriele Muccino? È l’esercizio di un potere d’interdizio­ne da parte di una casta che, con il pretesto di difendere un proprio adepto, manda un messaggio chiaro e tondo a chi non intende stare in quella casta sempliceme­nte perché vuole ragionare e manifestar­e le proprie idee.

È bene non illudersi: chi vuole pensare con la propria testa è diventato, di questi tempi, il pericolo più grande per una società culturale asfittica come la nostra. Ogni mezzo, allora, va bene per demolirlo, per umiliarlo, per ridurgli gli spazi d’espression­e, e soprattutt­o per esercitare un potere d’interdizio­ne che controlli gli accessi alla comunicazi­one, che impedisca ogni forma di confronto con chi nella casta non intende starci e che dia inoltre una precisa, chiara lezione sul vento che tira e su come ci si deve comportare a tutti quei giovani che con ingenuità si avvicinano al mondo del lavoro culturale.

INOSSIDABI­LE OSTILITÀ DELLA SINISTRA AL CONFRONTO DI IDEE

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