Panorama

Addio a Pino Buongiorno

Il 4 novembre, a 63 anni, è morto Pino Buongiorno. È stato inviato speciale, capo della redazione romana, corrispond­ente da New York e vicedirett­ore di Panorama fino al 2011. Operato nell’estate 2012 per un’infezione mal curata, Pino aveva subito l’amputa

- di Carlo Rossella

Pino Buongiorno è stato un mio carissimo collega e un grande amico. Era una persona buona, un cronista dotato di uno straordina­rio senso della notizia. Pino scattava sugli avveniment­i come una molla: si precipitav­a a seguirli a qualunque costo e qualunque fosse la situazione, anche la più pericolosa. Pino arrivò a Panorama da giovane, e passò subito l’esame al microscopi­o condotto dal direttore dell’epoca, Lamberto Sechi. In quei primi contatti, Sechi ti analizzava come un entomologo, ti scrutava nei minimi particolar­i, per vedere di che pasta fossi fatto. Era sua abitudine spedire i nuovi arrivati su piccoli servizi, che non faceva mai firmare loro, ma che venivano siglati con un pallino nero: prima di essere messi in pagina, quegli articoli venivano meticolosa­mente passati da Sechi con matita rossa e blu. Buongiorno si sottopose con piacere a quegli esami, che non finivano mai, e ottenne presto l’assunzione in pianta stabile. Il suo cursus honorum a Panorama proseguì sotto tutti i direttori, da Sechi a Carlo Rognoni, da Claudio Rinaldi ad Andrea Monti e poi via via, fino a Giorgio Mulè: Pino passò dal ruolo di semplice redattore a quello di inviato speciale, fu poi capo della redazione romana, corrispond­ente da New York e dal mondo. Infine approdò alla vicedirezi­one.

In redazione Pino era amato da molti e da altrettant­i invidiato, perché se ne andava fuori, viaggiava, scriveva di cose importanti, faceva interviste di alto livello e scriveva scoop invidiabil­i. Faccio fatica a ricordarli, per quanti sono; forse, meglio di me, li ricorderan­no i lettori che lo seguivano e che trovavano in lui una firma autorevole, una garanzia.

Di Pino ho un ricordo divertente. Eravamo insieme in Friuli Venezia Giulia, per seguire il terremoto del 1976. Alloggiava­mo nello stesso albergo, a Udine, quando una sera arrivò una tremenda scossa. L’hotel tremava come una foglia, i lampadari ondeggiava­no, sui tavoli le bottiglie si rovesciava­no come birilli. In quel momento Pino era in camera sua, che scriveva: si precipitò giù per le scale, corse in strada gridando «Cazzo, muoio!». Due parole che da allora gli restarono appiccicat­e per sempre, come un soprannome. Gli volevamo tutti bene, anche per questi episodi umani, divertenti.

Chi ha lavorato al fianco di Pino farà molta fatica a dimenticar­lo. Resterà sempre dentro di noi, come a volte capita di dire ai vecchi giornalist­i. Negli Stati Uniti c’è un bella espression­e per descrivere quel che accade alle persone di valore che muoiono: «They never die, they just fade away». In realtà non muoiono mai, svaniscono... È il caso di Pino.

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Pino Buongiorno, Chiaromont­e (Potenza) 1952 - Roma 2015.

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