Panorama

Quas cand i idato

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L’attu presi alevice dente Joe è 73 soste anni, dall’e nuto stabl del ishm partit ent stess o,elui oha medi a tato lungo di rinun cand idars ciand i, dopo oalla la fine del morte figlio Beau .

Il malore della Clinton potrebbe rappresent­are un assist importante per il rivale repubblica­no, che ora deve però prestare attenzione a come approfitta­re al meglio dell’improvviso vantaggio. Il tycoon ha augurato all’avversaria una pronta guarigione, ma non ha perso l’occasione di affermare che «l’unica cosa onesta che dovrebbe fare verso i cittadini sarebbe ritirarsi dalla corsa».

A una uscita di scena della candidata repubblica­na ha ammesso di non credere molto nemmeno lui. Va detto che una sostituzio­ne in extremis è un’ipotesi difficile, ma non impossibil­e; sarebbe un fatto mai successo nelle candidatur­e presidenzi­ali, ma lo statuto del partito non lo esclude. Non è possibile costringer­e un nominato a farsi da parte, ma in caso di ritiro (o decesso) è necessaria la convocazio­ne dei delegati del Comitato nazionale democratic­o (Dnc) per votare un nuovo candidato. Non si tratta solo di fantapolit­ica: secondo alcuni media americani, il Dnc si prepara a riunirsi per valutare tale possibilit­à.

Intanto è già partito il toto nomi: tra i papabili c’è Bernie Sanders, senatore socialdemo­cratico del Vermont arrivato secondo alle primarie, che ha dato battaglia alla Clinton sino alla fine conquistan­do l’ala più progressis­ta del partito, e che nonostante i suoi 75 anni ha fatto breccia soprattutt­o tra i giovanissi­mi.

Ma soprattutt­o ci sono il segretario di stato John Kerry, che ha raccolto il testimone proprio da Hillary alla guida della diplomazia americana, e il vice presidente Joe Biden, considerat­i da più parti coloro che avrebbero le chance maggiori di fronteggia­re Trump. Specialmen­te Biden è appoggiato dall’establishm­ent democratic­o, e lui stesso ha a lungo meditato di candidarsi (decidendo però di fare un passo indietro dopo la tragica morte del figlio Beau per un cancro al cervello).

Infine c’è Tim Kaine, senatore ed ex governator­e della Virginia di sangue scozzeseir­landese, scelto da Hillary come aspirante vice presidente. Non è in pole position, non essendo mai stato valutato dagli elettori, ma secondo David Lublin, professore presso l’American University, Kaine sarebbe una scelta logica, seguito da Sanders e dal più popolare Biden.

Gli esperti vicini al partito ammoniscon­o che un abbandono di Hillary non sarebbe auspicabil­e: metterebbe ancora più in pericolo l’esito del voto, visto che il nuovo candidato avrebbe poco tempo per fare campagna elettorale. Jeanne Zaino, docente di scienze politiche all’Iona College di New York, sostiene che «il partito si mantiene volutament­e vago riguardo al procedimen­to per un’eventuale sostituzio­ne proprio per avere la possibilit­à di fare la scelta migliore, piuttosto che essere costretti a optare per un candidato debole». Secondo altri analisti, però, chi sarebbe chiamato a sostituire la Clinton avrebbe forse più opportunit­à di sconfigger­e il re del mattone di quante non ne abbia lei in questo momento. Soprattutt­o se il prescelto sarà Biden, la figura che volevano in tanti nel partito e che gode di grande popolarità tra i cittadini americani.

Quel che è certo è che nella infuocata campagna elettorale americana tornerà a scendere in campo la popolariss­ima first lady Michelle Obama, cui spetta il non facile compito di far risalire le quotazioni della Clinton nel momento più nero da quando ha iniziato a sognare di diventare la prima donna Commander in Chief degli Stati Uniti.

(Valeria Robecco- da New York)

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