Da camorrista a innocente: io massacrato per cinque mesi
In aprile l’accusa infamante: collusione con la criminalità organizzata. Ora l’archiviazione. Stefano Graziano, presidente (autosospeso) del Pd campano ringrazia i magistrati. Ma attacca i giornali che prima l’hanno descritto come un pericoloso delinquent
La ricerca è impegnativa. Il cellulare squilla una, due, tre volte di fila. Alla fine risponde. La voce è gentile ma non c’è nemmeno il tempo di dire buongiorno, l’interlocutore reagisce d’impeto: «Senta, io preferirei non parlare. Se vuole, ci vediamo pure, ma senza impegno». Perfetto. «Allora facciamo a casa mia all’ora di pranzo». All’ingresso il primo pensiero va proprio alla casa. In fondo, per stabilire che Stefano Graziano non fosse un camorrista, sarebbe bastato visitare la sua abitazione. Un piccolo trilocale senza lussi e sfarzi, al quarto piano di una palazzina anonima nel centro di Roma e, peraltro, privo di ascensore. Ci vive con la moglie Tiziana e la figlia di appena dieci mesi, Maria José, pelle chiarissima, due occhi color cobalto e sorrisi innocenti. Oggi, il 13 settembre, c’è pure la cognata. È un gran giorno e non solo perché Graziano compie gli anni. Il gip del Tribunale di Napoli, Laura Alfano, ha appena accolto la richiesta di archiviazione della Direzione distrettuale antimafia nei suoi confronti. Questo consigliere regionale e presidente (autosospeso) del Partito democratico campano per quattro mesi e mezzo è stato indagato per uno tra i più infamanti dei reati: il concorso esterno in associazione mafiosa. «Centotrentanove giorni di sofferenza, fango e silenzio, senza mai perdere la fiducia nella magistratura» commenta d’impatto lui, visibilmente emozionato, che si scioglie soltanto dopo aver ricordato un fatto: «Lei e Panorama, nonostante le distanze politiche, su di me siete stati gli unici a dimostrarvi graniticamente garantisti». Prima di parlare della sua vicenda giudiziarie, ho però un’altra domanda: perché proprio io? Perché sono qui, a condividere con voi momenti così intimi e importanti? Davvero non lo immagina? Lei e Panorama, nonostante le distanze politiche, su di me siete stati gli unici a dimostrarvi graniticamente garantisti. Il garantismo non vale a giorni e personaggi alterni. O vale sempre o non vale mai. Dovrebbe valere sempre. Ricordo che la presunta Costituzione più bella del mondo dispone che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio. Nel mio caso è bastato un avviso di garanzia per dipingermi come un criminale. La responsabilità è dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia? Proprio no. I magistrati hanno fatto pienamente il loro dovere. Davanti a un dubbio avanzato dalla polizia giudiziaria, hanno aperto un fascicolo che riguardava anche me. Io, da cittadino indagato, non sono scappato dai pm ma anzi sono andato da loro a chiarire quel dubbio, che hanno risolto in tempi anche celeri. Non posso che complimentarmi davanti a tanta professionalità. Quello che mi riguarda è un esempio concreto e visibile di buona giustizia. Semmai il problema è un altro. Quale? La qualità dell’informazione in Italia. Giornali e telegiornali hanno dedicato per due settimane i loro titoli principali alla mia vicenda, dipingendomi come un delinquente al servizio della criminalità organizzata. Chi mi conosce sapeva e sa che la camorra mi fa schifo. Ma come la mettiamo con il cittadino comune, bombardato da migliaia di titoli infamanti? Chiederà i danni alle testate che l’hanno attaccata? Certo che sì, non ho alcun dubbio. Spero anzi di poter diventare un esempio