Siamo una famiglia elegante fatta ad arte
Mecenati da sempre, i Bianchi della Lubiam sostengono Mantova capitale della cultura.
AMARCORD ITALIA L’immagine di una collezione Lubiam degli anni Sessanta.
Tante volte da piccola ho attraversato correndo questi corridoi, conosco ogni anfratto». Così racconta Giulia Bianchi, ultimogenita dell’attuale presidente Giuliano, quarta generazione della famiglia che fondò a inizio Novecento il marchio di alta sartoria Lubiam. Si affaccia da una finestra di Palazzo Te a Mantova e sotto, nel cortile, riluce un’imponente scultura in alluminio e titanio: sette pannelli ricurvi di quattro tonnellate ciascuno. È l’opera dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa, Vortici, installata a fine maggio davanti all’ingresso che conduce alla Camera degli sposi di Andrea Mantegna. Nel 2016 Mantova è capitale italiana della cultura e l’opera giapponese ha inaugurato la rassegna Scultura in piazza, felice risultato della collaborazione tra il complesso museale diretto da Peter Assmann e Mantova creativa, che Lubiam sostiene per il sesto anno consecutivo: «Il legame con il territorio e quello con l’arte sono da sempre parte del nostro Dna» precisa la giovane erede, attuale product manager.
Molti i collezionisti in famiglia, a cominciare dal rampollo del fondatore, Luigi Bianchi, quel- « lo «zio Edgardo» che introdusse nella più tradizionale delle sartorie il modello fordista della catena di montaggio. Appassionato di antico, non capiva la curiosità del figlio per l’espressione artistica dei suoi giorni. Fu invece grazie a lui, Luigi jr, che nacque il Premio Lubiam, antesignano di tutti i concorsi per l’arte giovane con patrocinio aziendale nati nell’ultimo decennio. Vocazione, quella dei Bianchi, che si è tradotta nella ristrutturazione del complesso museale di Susano, nel restauro delle 52 sculture del Santuario delle Grazie, nella collaborazione con la Collezione Peggy Guggenheim. Vocazione che è evidente passeggiando per la sede di Lubiam, straordinario esempio di archeologia industriale risalente agli anni Trenta, sin da principio corredata di strutture d’avanguardia in spirito olivettiano, come la mensa e l’asilo nido. Al termine dell’anno espositivo, nel cortile verrà collocata l’opera di Nagasawa, che andrà a far compagnia alle altre che popolano gli ambienti interni. Tra queste, diversi lavori dell’amico Ferruccio Bolognesi e un grande dipinto del 1622 nello showroom al pianterreno, La cacciata dell’invitato indegno di Fra Semplice, acquistato all’asta, molti anni fa, a Londra. Apparteneva alla quadreria dei Gonzaga, ed è tornato a casa.