Lettere su un’intervista mai nata
Icona del ceto medio riflessivo e renziano, il professor Massimo Recalcati prima chiede di inviargli le domande per iscritto e poi si rifiuta di rispondere. Ecco (forse) perché...
Gli ho chiesto un’intervista, non me l’ha concessa e, posso dirlo?, secondo me ha fatto bene. Il professor Massimo Recalcati è un grande pensatore, un grande psicanalista lacaniano, un accademico nazionale e pure un bell’uomo, un maudit, un maledetto, di scuro vestito e occhiali montati neri neri. Va molto forte. È una firmissima di Repubblica, sui grandi temi al bivio tra l’inconscio e il politico, tra il desiderio e l’eredità del padre, nel mentrem che il figliolo resta comunque bloccato dal fantasma edipico.ed Raffinatezze tra Telemaco e Ulisse, lassù, dove un RobertoRobert Saviano, per dire, mai potrebbe arrivare come, a suo tempo, un Umberto Galimberti, filosofo, peccato poi per quella fissa di c copiare. Potrei intervistarla?, mi sono azzardato. «Domande scri scritte». E vedersi un attimo? «Solo domande scritte». Recalcati come un Obama e guardingo come un Putin. Sarà quel friccico di supe superego, mi sono detto, capisco. «L’argomento?». Oh, questo e quello quello. «Mandi!». Ho mandato. E venendo al punto. Era stato giovane e fiero rivoluzionario, il professore. Lotta continua. Come me. Colto Colto. Molto più di me. M’ero imbattuto, riguardo a quel compagno compagno, in un concetto importante uscitogli dal cuore, poi anche dal cranio,c credo, un anno fa (leparoleelecose.it): «Per la mia generazi generazione, l’angoscia stava nel rischio di essere integrati nel sistema».sistem Urca: l’angoscia da integrazione! Eccolo il filo dell’intervista: l’avrà dunque superata, quell’angoscia? Glielo volli domandar domandare citando un’annotazione di Andrea Minuz: «Recalcati è ovunq ovunque. In tv, nelle università, nei teatri, nelle aziende, nelle piazze, ne nei centri sociali e religiosi, in un numero incalcolabile di presenta presentazione di libri, assieme a Gad Lerner per ricostruire l’immagine di L Laura Boldrini».
Strano modomod di pugnare con l’angoscia. Era appena passato da un personalep trionfo nell’ultima Leopolda renziana, dove aveva ammonitoamm dal palco: «C’è un insopportabile corteo di padri che non sannos imparare dai loro figli». E davvero lei pensa, professore, che imparare dal proprio figlio sia il segno distintivo della buona paternità?pat Perché si sarebbe forse potuto supporre, nel Telemaco diventatod maestro di Ulisse, un cambio radicale della stessa lacanianalaca prospettiva. Poi 29 libri in 11 anni, e centinaia di articoli,arti conferenze, interventi, uniti alla recalcatica propensione a intervenirei su tutto, da Pasolini a Winnicot, da Clint Eastwood a Medea, dalla Buona scuola alla scuola di Francoforte, finofin a Hannah Arendt, Lars Von Trier, Conchita Wurst e Minnie,Minnie la fidanzata di Topolino, potevano regalare l’impressione, certamentec sbagliata, di un monaco il quale, per sfuggire ai tentacolitenta capitalistici dell’integrazione, avesse scelto di rifugiarsi a Las Vegas invece che sul monte. Ma il soprassalto del compagno professorprof Recalcati è infine arrivato. Una semplice riga, via mail: «Mi« dispiace, non rispondo, non ho tempo da perdere». TroppoTropp giusto. La verginità era salva.
(Andrea Marcenaro)