Grandi numeri, piccolo interesse
Una ricerca svela che per il 40 per cento delle imprese italiane i Big data sono un universo ancora sconosciuto.
Big data? Ma che roba è? Risponde così il 40 per cento delle imprese italiane, che non ha mai sentito parlare di quella che è invece una delle più importanti opportunità di crescita portata dalla tecnologia. Il risultato, decisamente deludente, emerge da una ricerca fatta in 300 aziende da Adecco, agenzia per il lavoro, assieme all’Università Milano Bicocca.
Del restante 60 per cento di aziende, il 48 conosce i Big data in modo parziale e soltanto il 12 dichiara invece di sapere di che si tratta e di sfruttare questa opportunità.
Dalla ricerca emerge che le attività aziendali più interessate dall’utilizzo dei Big data sono l’area commerciale, marketing, It, comunicazione, finanza e produzione. Per poter leggere, capire, interpretare quello che ci raccontano le enormi quantità di dati provenienti da immagini, mail, social network, geolocalizzazioni, e naturalmente tutti quelli che fanno già parte di data base strutturati, in sostanza ogni «traccia digitale» Solo il 12 per cento delle aziende sfrutta le opportunità dei Big data. delle nostre attività, sono necessarie nuove figure professionali; il big data analytics specialist è ritenuto una figura chiave in futuro attestandosi a quota 63,64 per cento di preferenze, seguito dai data content & communication specialist e dai big data architect, figure quotate rispettivamente al 38,64 e 32,95 per cento. Tra le figure professionali più utili in questo ambito si attesta a quota 29,55 il data scientist seguito dal fanalino di coda social mining specialist a quota 13,64 per cento. Si tratta di professioni difficilmente reperibili sul mercato. La ricerca ha infatti dimostrato come, per oltre il 40 per cento delle imprese, l’offerta di professionisti in questo ambito sia inadeguata, un dato supportato dal restante 60 per cento delle imprese che ritiene molto difficile reperire esperti del settore sul mercato. Oltre metà delle imprese sondate dalla ricerca ritiene però, con una certa ambizione, che sia sufficiente sviluppare competenze tra le risorse interne. (R.E.)