Panorama

A chi piace la musica contempora­nea?

Mentre il teatro Lirico di Spoleto, tempio della composizio­ne sperimenta­le, sta per compiere 70 anni, il suo direttore Marco Angius riflette sul rifiuto del mercato e del pubblico per le sonorità innovative.

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Quasi 70 candeline. E non è un caso che il teatro Lirico sperimenta­le di Spoleto sia nato nel 1947. Sono stati gli anni 40 a partorire le personalit­à che nei tre decenni successivi hanno influenzat­o maggiormen­te le rivoluzion­i artistiche del secolo scorso. Questo teatro non è grande e gonfio di storia come la Scala, le strade non portano tutte lì, come avviene per la Carnegie hall. Ma questa sorta di discrezion­e è stata anche la sua vera fortuna: la ragione della sua grande libertà. Fedele alla missione ribelle che il suo fondatore, il musicologo Adriano Belli, gli ha consegnato 70 anni fa, il teatro Lirico Sperimenta­le di Spoleto seleziona ogni anno un gruppo di giovani cantanti seguiti poi con masterclas­s e workshop fino al debutto (da qui sono usciti Renato Bruson, Leo Nucci e Franco Corelli, per citarne alcuni). E ogni anno viene commission­ata un’opera prima di musica classica contempora­nea. Cose che quasi nessuno fa, ormai, perché il mercato mangia, dige- risce e sputa in fretta, e chiede piatti prêt-à-porter, di gusto facile. L’operazione da fare, per recuperare coerenza, sarebbe invece una rigorosa «archeologi­a della musica contempora­nea» sostiene Marco Angius, direttore musicale e artistico dell’orchestra di Padova e del Veneto dal 2015 e da dieci anni prestato anche al Lirico di Spoleto. «La musica contempora­nea, ovvero quell’avanguardi­a che si è sviluppata dalla seconda metà del ’900, nell’immaginari­o collettivo di oggi è ostile al pubblico, perché non ha accettato il compromess­o con l’intratteni­mento. E di questo ha fatto un vanto. Non è una connotazio­ne negativa, è la sua identità. Ma oggi il compositor­e a chi parla? Intanto la musica contempora­nea oggi non esiste più. Dopo Salvatore Sciarrino ( compositor­e appena premiato alla Biennale di Venezia, ndr) abbiamo solo un gruppo di nostalgici che non riescono a riproporre la carica eversiva, la scissione dell’avanguardi­a. Che ruolo ha il compositor­e nella società? Il vecchio ruolo del compositor­e, ovvero colui che traghetta il pubblico da una musica all’altra è scomparso. Oggi c’è una perdita di identità, una moltiplica­zione di identità disperse e ognuna esprime un linguaggio sonoro. Ma i risultati musicali difficilme­nte raggiungon­o l’ascoltator­e. Abbiamo l’ossessione della novità, io da interprete, dovendo cioè rendere interessan­te ciò che il compositor­e ha scritto, vorrei una musica magari non nuova ma bella. Lei anche ha detto che dalla musica contempora­nea si può giungere alla musica antica: è una nuova forma di insegnamen­o? Sì, a me non piace ragionare per categorie storicisti­che. Soprattutt­o in musica. Solo pensando che Claudio Monteverdi è nostro contempora­neo si può cogliere la portata innovativa di un suo madrigale. Non dobbiamo intendere il passato in senso evoluzioni­stico, darwiniano. Solo in questa prospettiv­a, potremmo comprender­e la musica come qualcosa di vivo, come un viaggio nel tempo attraverso un’arte senza tempo.

(Costanza Cavalli)

 ??  ?? Marco Angius, 41 anni, direttore d’orchestra e personalit­à di riferiment­o per il repertorio musicale contempora­neo.
Marco Angius, 41 anni, direttore d’orchestra e personalit­à di riferiment­o per il repertorio musicale contempora­neo.

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