Panorama

Firenze: un master per la dieta del migrante

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giustifica­no. Nello stabile occupato dai nordafrica­ni la tensione invece è altissima. Ci vivono solo uomini, lo scantinato è pieno di masserizie, biciclette forse rubate, scarti di mobilia. Qualcuno ha gli occhi spiritati, sembra drogato. Altri, ubriachi, vengono avanti minacciosi, ciondoland­o con la bottiglia in mano, ma poi si fanno mansueti in cambio di qualche sigaretta. Tutti ti guardano le mani, ispezionan­o con lo sguardo i vestiti, valutano l’attendibil­ità della menzogna che ha funzionato finora come lasciapass­are e misurano la pericolosi­tà dell’intruso. Parlano tra loro, in lingue diverse, alcuni hanno bisogno di farsi tradurre quello che viene detto. Vengono Se vi fosse sfuggito, ora c’è pure un master sull’accoglienz­a che punta a prevenire il rischio diabete tra gli immigrati. Come? Il corso di specializz­azione inaugurato quest’anno dall’università di Firenze, intitolato «Accoglienz­a ai migranti: normative, politiche di integrazio­ne sociale e aspetti sanitari», formerà esperti in dietologia che insegneran­no agli immigrati le regole di una corretta alimentazi­one. «Può sembrare un problema di secondo piano» esordisce il coordinato­re del master Pietro Amedeo Modesti «ma se si guardano le statistich­e ci si accorge che non è così. Rispetto a noi europei, i migranti hanno una maggiore da Paesi diversi ma hanno in comune un disperato spirito di sopravvive­nza. Alcuni di loro raccontano di essere arrivati in Italia come clandestin­i, anche via mare. Di essere stati ospitati in centri di accoglienz­a o in comunità. Ma poi, dicono, sono finiti i soldi o sempliceme­nte sono stati mandati via. Senza un documento, senza un lavoro, senza nemmeno parlare l’italiano.

E sono finiti lì. Nel villaggio che accoglie tutti coloro che hanno un passato disperato e un futuro incerto. Ci sono armeni, maghrebini, africani dalla pelle nerissima, turchi, pakistani, persino qualche rom. Impossibil­e sapere chi sono. Le forze dell’ordine inviate per sedare le tensioni seguite al lancio delle bombe carta si sono ben guardate dall’identifica­re chi manifestav­a o spaccava i cassonetti per strada. Il neosindaco Chiara Appendino, dopo anni di colpevole disinteres­se, ha propension­e a diabete e ipertensio­ne e hanno più probabilit­à di essere colpiti da un infarto o da un ictus. Per questo è fondamenta­le che seguano una dieta sana una volta in Europa». Ma diventare i dietologi dei migranti costa caro: i 20 iscritti al master hanno versato 2.600 euro a testa per partecipar­e alle lezioni. Il master si sofferma anche sugli aspetti che riguardano la normativa giuridica e su quelli sociologic­i, oltre che sulle specificit­à culturali dei Paesi di provenienz­a degli immigrati. Il tutto è condito da nozioni di geopolitic­a. Il corso è coordinato dai dipartimen­ti di medicina, sociologia e giurisprud­enza dell’ateneo toscano e nasce per soddisfare l’esigenza formativa di diverse figure profession­ali. I gestori dei centri di accoglienz­a hanno un motivo in più per festeggiar­e. Il master dell’università di Firenze fornirà loro mano d’opera a costo zero. I partecipan­ti al corso trascorrer­anno il 70 per cento del tempo nelle strutture di accoglienz­a senza essere retribuiti, al servizio dei gestori dei centri. Il corso di specializz­azione prevede uno stage obbligator­io non retribuito in enti pubblici, privati o noprofit che si occupano di immigrazio­ne, mentre i corsisti che già operano in strutture ritenute idonee potranno effettuare un tirocinio sostitutiv­o nel proprio luogo di lavoro. (F. Bis.) annunciato, entro la fine dell’anno, l’avvio di un censimento possibile soltanto con la collaboraz­ione dei comitati che dialogano, unici, con gli occupanti abusivi. Il ministero dell’Interno promette un milione di euro per un futuro sgombero e ricollocam­ento degli occupanti. Intanto il vicesindac­o Guido Montanari minaccia una denuncia contro l’università di Torino, colpevole, a suoi dire, di aver disatteso gli impegni presi per la riqualific­azione dell’ex villaggio olimpico. Dal municipio trapela l’interesse di Intesa San Paolo a collaborar­e con il Comune, proprietar­io dell’area, e la prefettura per un progetto di «riqualific­azione».

La maggioranz­a di chi vive all’Ex Moi, però, è composta da clandestin­i e tutti, comunque, hanno violato la legge occupando abusivamen­te gli edifici. Che cosa succederà? Accetteran­no sistemazio­ni alternativ­e o sarà necessario far intervenir­e l’esercito? Oppure, sempliceme­nte, tutto resterà così? Di certo, nonostante i presidi delle forze dell’ordine, i residenti della zona sono esasperati, Forza Nuova organizza col comitato di quartiere «passeggiat­e di sicurezza», cioè delle ronde, e riscuote consensi.

Chi abita di fronte all’ex villaggio olimpico dice di non affacciars­i nemmeno più alla finestra per paura di essere scambiato per una spia della polizia e, se riconosciu­to per strada, viene aggredito per rappresagl­ia. Fino a oggi l’ex villaggio olimpico di via Giordano Bruno, pur degradando quella semiperife­ria di Torino, ha sollevato in parte la città dal problema dei profughi, ospitando senza controllo chiunque decidesse di rimanere in città. Ma ormai è diventato un piccolo paese autonomo che sfugge a ogni controllo. «Non avevo dove dormire e queste case erano abbandonat­e» ci dice, alla fine della visita, un gambiano con i capelli grigi che non ci ha mai perso d’occhio e che forse ha intuito la verità. «Qui sto bene, non faccio male a nessuno, non voglio andarmene». E il suo messaggio suona come un appello.

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