«Non facevo la spia ma parlavo con il Kgb»
La verità di Stanislaw Szlowieniec, il traduttore di tre Papi.
Tra i preti del Vaticano legati ai servizi segreti comunisti, negli anni Ottanta c’era un religioso che agiva con lo pseudonimo «Russo» e che fino al 2015 fa ha lavorato per Papa Francesco. La rivelazione è arrivata sull’ultimo numero di Panorama da Tomasz Turowski, ex colonnello dell’intelligence polacca incaricato di spiare Karol Wojtyla. Ma chi è Russo? Panorama ha individuato un nome: Stanislaw Szlowieniec, gesuita polacco, 66 anni, da oltre 30 residente a Roma. Ex «minutante» della Segreteria di Stato Vaticana, traduceva i colloqui riservati tra il Papa e i leader sovietici. Oggi è in pensione, ma ha lavorato con Wojtyla, Ratzinger e Francesco. Racconta la sua versione, dopo essere stato autorizzato dal suo superiore. Padre Stanislaw, è lei «Russo»? Lo dicono, ma sono bugie. A Cracovia un’equipe è impegnata in ricerche al ministero degli Interni: non ha trovato una mia firma. Passavate informazioni agli agenti dell’Est perché ricattati? No, erano nostri interlocutori perché la Segreteria di Stato aveva contatti con le ambasciate: erano agenti dei servizi camuffati, ma lo sapevamo. I nostri superiori ci avevano istruito: se ci avessero fatto domande, avremmo dovuto dire tutto ciò che aveva pubblicato L’Osservatore Romano o la Radio Vaticana. Uno di loro, dopo aver parlato con me, anziché scrivere nel rapporto che la fonte era la radio, scrisse: «Mi ha detto Padre Stanislao». Così è iniziato tutto. In realtà lei faceva il traduttore nei colloqui del Papa con i capi sovietici: aveva ottime informazioni. Ero traduttore, o «traditore» come dicono ( ride, ndr). Sapevo tante cose, ma non potevo parlare. Dopo il primo incontro di Wojtyla con Gorbaciov, nel 1989, sono stato bombardato di telefonate da agenzie e tv straniere. Offrivano anche 100 mila dollari. Padre Hejmo, informatore della Stasi, ha detto che in Vaticano voi avevate degli «angeli custodi» e che il Papa lo sapeva… Io avevo un «angelo custode» dell’ambasciata sovietica e uno di quella polacca: sapevano che noi conoscevamo la loro vera funzione, ma entrambi facevamo finta di non sapere. Sta confermando che lei parlava con il Kgb? Sì, ed eravamo osservati anche dagli 007 italiani. Bastava andare a pranzo al ristorante con dei funzionari ( dell’ambasciata Urss, ndr) e l’indomani i nostri superiori ci dicevano: «I servizi italiani ci hanno informato che siete stati a pranzo con esponenti dei servizi sovietici». Ma insomma lei è o non è una «ex spia»? Il mio superiore mi dice: «Stanislao, tu sei innocente; ma la puzza rimane...». ( Fabio Marchese Ragona)