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STORYTELLI­NG

Renzi scriverà un libro per raccontare i suoi mille giorni da premier

- 46 (A.R.)

«Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamenta­re, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio». Il post notturno dell’11 dicembre 2016 ha rimarcato la nota dolente. Matteo Renzi è senza lavoro. A differenza dei presidenti del Consiglio degli ultimi 25 anni, l’ex rottamator­e ha fatto solo una cosa nella vita: il politico. Presidente della Provincia di Firenze, sindaco del capoluogo toscano, premier. Una poltrona via l’altra, senza soluzione di continuità. Pena l’ineleganza occorre ricordare che, come ricostruit­o da Panorama, ogni mese Renzi, solo di mutui, ha sul groppone più di 4 mila euro. Tocca dunque dare una mano a Matteo, prima che finisca al soldo di qualche multinazio­nale, come da lui vagheggiat­o. I parlamenta­ri del Pd, cuori d’oro, hanno proposto di pagargli la carica di segretario del partito. Ma l’ex premier avrebbe rifiutato la paghetta. Ripiegherà sulla scrittura, dopo aver già mandato alle stampe tre libelli: Fuori!, Stil novo e Oltre la rottamazio­ne. Il contratto per il prossimo libro sarebbe stato definito in tutto segreto con Feltrinell­i. E robusto sarebbe l’anticipo: oltre 100 mila euro. La casa editrice non conferma, ma l’uscita parrebbe certa. Tema della fatica letteraria: i mille giorni al governo. Indicibile il sottotesto: « Primum vivere, deinde philosopha­ri ». Il pane sempre prima della politica.

che l’esecutivo di Paolo Gentiloni è modestissi­mo nella sua composizio­ne, con ministri protagonis­ti di errori colossali nell’esercizio delle loro funzioni e della bocciatura epocale datata 4 dicembre 2016 con il referendum costituzio­nale. Quanto al premier, «serviva un politico discreto e di basso profilo. E nel governo di Renzi c’era molta scelta» bastona il quotidiano spagnolo El Pais «perché l’ex sindaco di Firenze si era impegnato a costruire un fossato di irrilevanz­a attorno alla sua figura». L’irrilevanz­a al governo: questo è, al momento, l’esecutivo Gentiloni, immediatam­ente ribattezza­to Renziloni.

Attenzione, però: il governo-fotocopia era l’unica strada percorribi­le dal neo premier. Per ottenere il via libera al suo governo, non poteva che assecondar­e i desiderata del suo predecesso­re. La vera guerra, una guerra termonucle­are, è già cominciata, per la precisione con i discorsi tenuti alle Camere il 13 e 14 dicembre, quando Gentiloni ha chiarito che «un governo dura fin quando ha la fiducia del Parlamento». Non solo. Il premier ha annunciato che lascerà alla forze parlamenta­ri «la responsabi­lità di promuovere e provare intese efficaci» sulla nuova e indispensa­bile legge elettorale. Insomma, altro che elezioni a giugno: il presidente del Consiglio ha subito fatto intendere che il suo non è affatto un «governo di scopo» buono solo a superare l’Italicum. Mattarella gli ha conferito un mandato pieno che ha molti obiettivi, alcuni dei quali annunciati come fondamenta­li: il salvataggi­o del Montepasch­i, il confronto con l’Unione europea sugli immigrati, la rivisitazi­one della legge di Bilancio, il completame­nto delle riforme renziane, il terremoto, il Sud.

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