Panorama

La grande nuvola cinese

- Ogni settimana un autore riscrive l’attualità come se fosse l’inizio di un libro. di Alessandro Leogrande

IL FATTO Una bolla di alta pressione sta intrappola­ndo nello smog le grandi città italiane. E come accade in queste situazioni, i sindaci cercano di ridurre l’inquinamen­to bloccando l’ingresso delle vetture più vecchie o imponendo lo stop al traffico. Rimedi temporanei che non risolvono il problema. Intanto l’Agenzia europea per l’ambiente rivela che ogni anno in Europa 467 mila morti premature sono causate dallo smog.

Ese tutti i cinesi avessero un’automobile a testa? Ci pensi? Non ci sarebbe più aria da respirare per nessuno... Da anni ormai, ogni volta che si parlava di smog e di misure da prendere, c’era sempre qualcuno che, a un certo punto della discussion­e, tirava fuori quella domanda retorica: E se un miliardo e mezzo di cinesi... Questa volta, agitando un bicchiere di vino tra le mani, a cena a casa di amici, lo aveva fatto una donna che non conosceva, di cui aveva appena afferrato il nome. Enrico si sentiva sempre a disagio quando spuntava quella domanda. Il suo corollario, ci rifletteva da tempo, era evidente: è impossibil­e negare agli altri le stesse tappe dello sviluppo che hanno percorso i nostri padri, i loro errori, i loro sogni, le loro miopie, a meno che non si voglia imporre dall’alto uno stato d’emergenza. Ma poi, anche a volerlo decretare, quello stato d’emergenza, i cinesi non se lo sarebbero certo fatto imporre...

Così disse alla donna di cui a mala pena aveva afferrato il nome che no, non c’erano soluzioni. E che di fronte a quello che accadeva in «quei Paesi», era quasi riduttivo parlare dei nostri limiti alle emissioni e di blocchi del traffico, come quello che era stato predispost­o dal Comune per il giorno seguente.

La donna lo fissò come se stesse guardando un troglodita, ed Enrico non seppe cosa controbatt­ere. Così rimase in silenzio per tutto il resto della cena. Più tardi, tornando a casa, fu colto da una sensazione sgradevole. Guardò i palazzi, i ponti, i lampioni, le auto parcheggia­te, i cartelloni pubblicita­ri sbiaditi, i pochi passanti e li immaginò immersi in una nuvola giallognol­a. Fitta, spessa, acre... Talmente estesa da far apparire puerile l’idea di poterla osservare dal di fuori.

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