Tutti i numeri dell’avvocato del Giglio magico
«Alla gestione di Marroni sono ascrivibili incarichi per 80.000 a fronte dei euro 290.000 totali».
Alberto Bianchi, stimato amministrativista e legale di fiducia dell’ex premier, è stato appena confermato nel cda Enel. Panorama ha indagato sulle cause affidate al legale dalla Consip. Scoprendo cifre ben superiori a quelle dichiarate da lui. Nei due anni di governo Renzi, Bianchi (nella foto con Maria Elena Boschi) ha ottenuto incarichi per 514 mila euro: di cui 373 mila euro durante la reggenza Marroni, attuale ad Consip. Ecco come il presidente della Fondazione Open, cassaforte del renzismo, dal 2014 al 2016 ha ricevuto più di 870 mila euro dalle due società controllate dal ministero dell’Economia.
L’ultima tornata di nomine l’ha consacrato pivot del renzismo nei colossi di Stato: Alberto Bianchi, stimato amministrativista e legale di fiducia dell’ex premier, è stato confermato consigliere d’amministrazione dell’Enel. Un incarico prestigioso, strategico e ben remunerato: quasi 140 mila euro all’anno, tra retribuzione fissa e partecipazioni ai comitati. C’è però un altro motivo per cui l’avvocato, nelle ultime settimane, è uscito dall’usuale riserbo: l’indiretto accostamento all’inchiesta Consip. Prima è emersa la donazione di Alfredo Romeo, imprenditore arrestato per corruzione, alla Fondazione Open, cassaforte renziana presieduta proprio da Bianchi. Poi sono venuti i compensi ricevuti dalla Centrale acquisti della pubblica amministrazione.
«Consip ha iniziato ad affidarmi il contenzioso di alcune gare ben prima che Renzi fosse presidente del Consiglio» ha replicato Bianchi. «Tanto che alla gestione dell’attuale amministratore delegato, Luigi Marroni, sono ascrivibili incarichi per 80 mila euro, a fronte dei 290 mila totali. Tutto ciò a riprova che ho lavorato di più in passato e non ho beneficiato di alcunché». Le cose, però, non stanno esattamente così. Panorama ha avuto accesso agli archivi della Consip. Solo tra il 2014 e il 2016, gli anni in cui Renzi è rimasto al governo, l’avvocato (nominalmente o attraverso lo studio legale Alberto Bianchi e associati), ha ottenuto dalla Consip ben 73 incarichi, per un totale di 485 mila euro, al netto dell’Iva. E anche il dettaglio sconfessa i ricordi di Bianchi: 18 cause, per 113 mila euro, sono state assegnate fino a giugno 2015, quando il governo nomina
Marroni. Da quel momento fino alle dimissioni di Renzi, nel dicembre 2016, i contenziosi si triplicano: 52 pratiche. Così come l’importo delle fatture: 373 mila euro.
E poi c’è il ruolo nel cda di Enel, appena rinnovato. Da maggio 2014, mese della nomina, a dicembre 2016, secondo i calcoli di Panorama, Bianchi avrebbe ricevuto circa 357 mila euro. Riassumendo: nei due anni di governo Renzi, il difensore dell’ex premier ha ottenuto quasi 800 mila euro da due società controllate dal ministero dell’Economia.
«Faccio l’avvocato dal 1986 e ho un percorso che parla per me» puntualizza Bianchi. «Quando Renzi ancora studiava io ero già commissario all’Efim. Più di recente sono stato presidente di Dada, la principale Internet company italiana». Verissimo. Il suo curriculum è pieno di medaglie professionali. Ma anche di ortodossia renziana. Nato 62 anni fa a Pistoia, il padre è un notabile democristiano: ne eredita le simpatie e si avvicina alla Margherita. Elegante e riservato, titolare di un avviatissimo studio legale a Firenze, Bianchi è considerato lo stratega del Giglio magico: discreto, distinto, ottime frequentazioni. Renzi lo considera il suo king maker nei rapporti con il mondo delle banche e delle aziende di Stato.
I primi, ancora timidi, incroci tra i due si segnalano tra
maggio del 2008 e gennaio del 2009. Renzi, all’epoca, è il giovane e arrembante presidente della Provincia di Firenze. Che in otto mesi affida 14 incarichi ad «Alberto Bianchi e associati studio legale», per un totale di 37 mila euro. Servigi certamente apprezzati. Nell’autunno del 2010, quando è già sindaco di Firenze, Renzi viene indagato dalla Corte dei conti per un danno erariale di oltre due milioni di euro: sotto accusa c’è l’assunzione, negli anni in cui era alla guida della Provincia, di un gruppo di dirigenti, tra cui l’amico Marco Carrai, nominato amministratore delegato di Florence multimedia. E a difendere Renzi dalle accuse dei magistrati contabili c’è già l’avvocato Bianchi. Che, negli anni seguenti, continua a seguire, e a risolvere, tutte le beghe di Renzi. Bianchi, però, è anche legale di fiducia e intimo confidente dell’imprenditore Marco Carrai, miglior amico del segretario democratico. Una trilaterale sancita ufficialmente il 27 settembre 2014 dalle nozze di Carrai. Quel giorno, sull’altare dell’abbazia di San Miniato al Monte, a
Firenze, siedono i due testimoni dello sposo: Bianchi e Renzi.
L’avvocato e il rottamatore. Un tandem talmente fiduciario da convincere l’ex premier a consegnare al professionista pistoiese le chiavi della sua cassaforte. Il 2 febbraio 2012, nello studio di Bianchi, viene firmato l’atto costitutivo della Fondazione Big Bang, poi ribattezzata Open. L’avvocato viene nominato presidente. Da quel momento, è lui il principale artefice del fortunato fundraising che lancerà l’amico Matteo nel firmamento politico nazionale. Convention, primarie, sponsorship: tutto passa dalle sapienti mani di Bianchi. Che, nello stesso periodo, continua ad accumulare consulenze. Tra cui quelle di Firenze parcheggi, società controllata dal Comune di Firenze. Il 2 agosto 2013 riceve il primo affidamento: 27.700 euro. Il secondo, 9.500 euro, risale al 17 gennaio 2014, poco prima che il sindaco di Firenze diventi premier. Altri due incarichi arriveranno in seguito: tra settembre 2014 e novembre 2015. In totale, in poco più di due anni, Bianchi riceve più di 85 mila euro da Firenze Parcheggi.
Quisquilie, però, rispetto alle parcelle Consip: 514 mila euro, la maggior parte ottenuti nell’era Marroni. Anche l’ad della società pubblica era un fedelissimo dell’ex premier. Adesso, invece, è diventato il grande accusatore di Tiziano Renzi, padre di Matteo, e di Luca Lotti, ministro dello Sport e quintessenza del Giglio magico: entrambi sono indagati dalla Procura di Roma.
L’inchiesta Consip sfiora Bianchi per due ragioni. La pri
ma, come presidente di Open. Tra i versamenti alla fondazione renziana, sbucano infatti anche i 60 mila euro di Isvafim, società riconducibile all’ingegnere Romeo, accusato di corruzione in un appalto da 2,7 miliardi. Nella voluminosa informativa dei Carabinieri, pietra angolare dell’indagine, viene citato anche il legale pistoiese, totalmente estraneo all’inchiesta. «Con quell’altro baccalà di Bianchi ho fatto tutto ufficiale, tutto registrato… tutto quanto. Invece no, secondo me non funziona» si lamentava ad esempio Alfredo Romeo in una verace intercettazione ambientale del 2 febbraio 2016. Il riferimento è alla donazione Open. E il sotteso è chiaro: per ottenere favori serve ben altro.
Anche Alfredo Mazzei, amico di Romeo ed ex tesoriere del Pd in Campania, parla dell’avvocato. Sentito come teste, ricorda: «Una volta mi trovavo a Roma in compagnia di Alberto Bianchi all’interno della galleria Sordi», riferisce Mazzei ai pm di Napoli il 2 gennaio 2017. «Gli chiesi espressamente se potevo chiamare Romeo e passarglielo, in quanto voleva lamentarsi con lui dell’ostilità in Consip. Bianchi acconsentì e io gli passai il telefono».
E poi ci sono le consulenze: 73, solo tra il 2014 e il 2016. A cui vanno aggiunte cinque cause già conferite nel 2017. Ben oltre «i 39 incarichi» rivelati da Bianchi a
Repubblica: «Ho semplicemente svolto il mio lavoro da amministrativista», precisa. Il numero dei contenziosi affidati al legale dell’ex premier è cresciuto nel tempo. E nell’elenco delle società con cui si è scontrato in tribunale, per conto della società pubblica, c’è anche un’azienda citata spesso nell’inchiesta: la Cofely, multinazionale francese che si occupa di servizi alla pubblica amministrazione. E considerata da Romeo la favorita di Consip nell’aggiudicazione dei bandi, grazie anche al presunto interessamento di Denis Verdini, senatore di Ala. Possibili cortocircuiti sono stati stigmatizzati sul Corriere
della sera da Antonio Polito, ex senatore della Margherita, lo stesso partito in cui militava l’ex premier: «Se si chiede all’avvocato Alberto Bianchi di presiedere la fondazione che raccoglie fondi per Matteo Renzi» scrive Polito «si deve anche chiedere di mettere fine ai suoi rapporti di lavoro con un’azienda come Consip che assegna appalti pubblici, perché è esposto al sospetto di non essere neutrale nei confronti di chi gli ha versato dei contributi. Altrimenti si aggrava il rischio che qualche imprenditore ci provi, versando soldi e poi chiedendo favori in cambio».
Insomma: nell’ultimo mese, l’amministrativista toscano ha ottenuto l’indesiderata ribalta schivata per una vita. Solo una volta, prima di adesso, era finito nell’agone mediatico. Primavera 2014, inaugurazione del Maggio Fiorentino. Maria Elena Boschi, allora ammiratissimo ministro delle Riforme, abito rosso e profondo décolleté, arriva in compagnia di un uomo in smoking, impeccabile e dinoccolato: l’allora sconosciuto Bianchi. Lei sorride smagliante ai flash, speranzosa di finire negli annali. Lui, invece, mostra un volto stizzito e severo: quello di chi, suo malgrado, sa che l’indomani sarà su tutti i giornali.