L’arte di curare l’arte
In mostra le opere salvate dal sisma. Più occasioni per scoprire autori e luoghi poco noti tra Umbria e Marche.
Speranze nobili quanto concrete. Valorizzare l’arte per drenare nuova linfa nei territori devastati dal sisma che ha colpito il centro Italia. Organizzare raffinate mostre per finanziare il restauro di capolavori danneggiati. Attivare nuovi flussi turistici tra Umbria e Marche. Le iniziative all’orizzonte uniscono alla cultura lo spirito della ricostruzione.
Il 25 e 26 marzo i volontari del Fai apriranno al pubblico luoghi d’arte
solitamente inaccessibili (saranno un migliaio, nella 25esima edizione delle Giornate
di Primavera). Tra questi c’è il deposito di Santo Chiodo, a Spoleto, un capannone antisismico ideato nel 1997 per ricoverare opere prelevate da situazioni di rischio per calamità naturali. L’edificio è chiuso al pubblico. Ma avere la possibilità di entrarci, eccezionalmente, significa mettere piede in una wunderkammer dove pezzi d’arte antica e contemporanea (parecchi i capolavori, da Burri a Calder, da Consagra a Leoncillo) sono al fianco di reperti archeologici provenienti dalla Valnerina. Secoli di storia in un luogo che adesso ospita anche moltissime opere scampate al recente terremoto, per un corpus complessivo di circa 5 mila pezzi, che ne fanno una sorta di museo segreto.
Si fanno pochi chilometri dal deposito di Santo Chiodo e si è alla Rocca Albornoziana, sempre a Spoleto, dove è in corso (fino al 30 luglio) la prima tappa della rassegna
Tesori in Valnerina, ovvero Ospiti in Rocca, mostra che accoglie dipinti e sculture provenienti dalle aree colpite di Marche, Lazio e Umbria (come il preziosissimo gruppo dell’Annuncia- zione di Luca e Andrea della Robbia dal museo della Castellina di Norcia) e si lega a una campagna di crowdfunding per sostenere il restauro di altre opere d’arte danneggiate (si può contribuire dalla piattaforma web valorecultura.starteed.com/it/lightquake). È lo stesso spirito ad animare Capo
lavori sibillini, nel palazzo Campana di Osimo (Ancona) fino al 1 ottobre: una sofisticata rassegna con dipinti che erano conservati nei palazzi della rete dei musei Sibillini. Le crepe nei muri pericolanti delle pinacoteche locali minacciavano infatti le tele di Fortunato Duranti, «artista di genio stravagante» di Montefortino, le opere di Giaquinto, le
nature morte dello Spadino, di Pfeiler e Cristoforo Munari, le tele e tavole di Vincenzo Pagani, di Ercole Ramazzani, o del visionario Simone De Magistris. Nomi sconosciuti ai più, certo, ma proprio per questo da scoprire: artisti cosiddetti «minori» che però hanno fatto dell’Italia quel grande museo diffuso che è oggi. Le loro opere possono accendere un faro sull’arte proveniente dalle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, sui loro borghi meno conosciuti.
Arte per la ricostruzione, dunque. E sono tanti i risvolti per la vita sociale, per la scoperta di un bellezza inedita, per la ripresa di un’economia, mentre diversi professionisti rimasti senza lavoro per l’inagibilità dei musei in cui erano impegnati trovano nuove occasioni di mettersi all’opera. Gli introiti di tutte le iniziative finanzieranno il restauro dei beni artistici. Ma soprattutto, le visite alle mostre e ai luoghi colpiti dal sisma potranno rivelare la ricchezza di una porzione di patrimonio mai abbastanza promossa e valorizzata, anche (e soprattutto) in territori dove non tutto è detriti e macerie (come sottolinea anche il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, nel servizio da pagina 8).
L’idea di fare leva sulla sensibilità dei cittadini è tutt’altro che utopistica. Lo dimostra il buon esito dell’appello per l’oratorio della Madonna del Sole, una delle più pregevoli testimonianze del Rinascimento piceno, a Capodacqua, frazione di Arquata (Ascoli Piceno). A poche settimane dal terremoto, Panorama aveva lanciato l’allarme per le mura crollate e gli affreschi minacciati. Il Fai aveva poi indetto una raccolta di fondi (veicolata anche dal nostro settimanale). Dei circa 300 mila euro stimati per il restauro, si è arrivati in meno di due mesi a 267 mila euro di donazioni (la raccolta è in corso su fondoambiente.it/landing/faiperilterremoto). Un successo di popolo. Un trionfo che non era scontato. E che adesso spera di rinnovarsi grazie alle mostre che invitano a frequentare una bellezza quanto mai sola e bisognosa d’attenzione.