Il muro di Trump? Sarà made in Mexico
Imprese messicane in corsa per costruirlo
Aziende in lizza per gli appalti e code nei cantieri: la barriera anti-migranti è un business per il Paese centroamericano.
C’è molto più Messico nella costruzione del muro di Donald Trump di quanto non vogliano ammettere i cultori del politically correct. Il giro d’affari è poderoso: 12 miliardi di dollari. Questa è la stima minima fatta dagli stessi costruttori, in un’intervista all’agenzia economica Bloomberg. E l’opera dovrebbe essere realizzata in buona parte da aziende e maestranze latinoamericane. «Business is business» dice Theodore Atalla, proprietario della Evovelocity di Puebla, azienda della città messicana in lizza per illuminare con una tecnologia Led assai economica la mega-barriera.
«Il lavoro è lavoro» gli fa eco Luís, uno dei tanti operai di Ciudad Juárez, che già da mesi lavora al muro e che ogni mattina si alza alle 2,30 per evitare code alla frontiera con El Paso. Luís sogna «un Trump messicano», per «riportare un po’ di orgoglio nazionale, più ordine e per sconfiggere la piaga dei narcotrafficanti». Si calcola che almeno il 50 per cento dei 40 mila operai necessari nei prossimi quattro anni per erigere il muro anti-migranti arriverà proprio dal Paese della tequila. Intanto, il governo di Città del Messico, dopo fiumi di parole sterili ha fatto ufficialmente sapere che finora «The Donald» ha espulso molti meno messicani di Obama.
Manodopera a basso costo insomma, ma anche opportunità di lavoro per chi vive sul confine. Del resto, sono più di 60 le imprese latinoamericane che sognano di fare affari grazie a «the wall». Fra queste, il gruppo Burgos, il cui direttore Mario Burgos è tutt’altro che contrario ai migranti: suo padre è nato in Ecuador e i suoi nonni sono arrivati dall’Europa e lui vive in New Mexico. Eppure il costruttore ne è convinto: il muro di Trump «se sfruttato a dovere, sarà un’opportunità unica».