Panorama

Ancora in cattedra i cattivi maestri

Oreste Scalzone (che coprì gli autori del rogo di Primavalle del 1973) gira l’Italia come una star per promuovere il suo libro. Toni Negri all’università di Genova parla di «violenza operaia» come «un momento di estrema ricchezza». Con la scusa di celebra

- Di Giorgio Ieranò

L’anniversar­io del movimento del 1977 sta diventando un’occasione ghiotta per rispolvera­re alcuni tra i peggiori protagonis­ti di quella stagione. Enrico Berlinguer li chiamava gli «untorelli»: erano i teorici scriteriat­i, ma anche i pratici accaniti, della violenza proletaria. Prendete, per esempio, Oreste Scalzone. Tra le sue tante gloriose imprese, si segnala quella di aver coperto la fuga degli assassini dei fratelli Mattei, i due ragazzi bruciati vivi nell’incendio appiccato alla casa di un dirigente missino da alcuni militanti di Potere Operaio (rogo di Primavalle, anno 1973). Ora Scalzone va in giro per l’Italia a presentare il suo libro-intervista pubblicato dall’editore Mimesis. S’intitola 77, e poi... La prefazione, ça va sans dire, è dell’immancabil­e Erri De Luca. La quarta di copertina, infarcita di un «sinistrese» grottesco, sembra la parodia di un vecchio volantino delle Brigate Rosse.

IL PRIMO OFFRE IL SUO SAGGIO A PREZZO RIDOTTO A CHI VA AD ASCOLTARLO. IL SECONDO HA INCASSATO IL VITALIZIO

Ma, siccome non vogliamo farci mancare proprio nulla, ecco che anche Toni Negri, leader e ispiratore di Autonomia operaia, viene invitato come ospite d’onore dall’università e dal Comune di Genova. Negri è stato condannato in via definitiva per il concorso nella rapina in cui, il 5 dicembre 1974, ad Argelato, in provincia di Bologna, fu assassinat­o il brigadiere Andrea Lombardini, di anni 24. Ma ora può salire in cattedra per celebrare festosamen­te «la violenza operaia e militante» degli anni ’70 come «un momento di estrema ricchezza». Tra quanti hanno avuto il privilegio di godersi questa «ricchezza» ci sono anche i professori, peraltro comunisti, dell’università di Padova, come Guido Petter e Oddone Longo, massacrati a colpi di spranghe e martello nel 1979 dalle squadracce dell’Autonomia. Negri però non li ha citati: negli ariosi affreschi storici di un intellettu­ale ormai globale come lui non c’è spazio per questi dettagli. Insomma, gli untorelli sono vivi e lottano insieme a noi. Vengono ascoltati e celebrati come vestali della storia patria. Non è una novità, come insegna il caso del sempreverd­e Adriano Sofri, vezzeggiat­o a destra e a sinistra. Ma ora, con la scusa di commemorar­e il ’77, ci toccherà sorbirci nuove lezioni di questi cattivi maestri. Mescolate magari con la retorica sulla straordina­ria creatività di quel movimento (creatività che alla fine si riduce agli indiani metropolit­ani e a Radio Alice: nemmeno parlassimo di impression­ismo o di Bauhaus).

La compunta attenzione che ancora si riserva agli untorelli è uno sfregio alla decenza, uno sberleffo alla memoria delle tragedie che l’Italia, anche per colpa loro, ha vissuto. E forse è il segno che qualcosa continua a non andare anche nel nostro presente. Parliamo, peraltro, di gente che non ha neppure la grandezza del male. Scalzone ci tiene a far sapere che il suo libro, durante le presentazi­oni, «è in vendita a prezzo ridotto», mentre Negri ha incassato per 23 anni il vitalizio della Camera dei Deputati, come un Antonio Razzi qualunque.

La rivoluzion­e avant toute chose. Ma non dimentichi­amo le royalties e la pensione.

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