Panorama

Il made in Italy conquista il mondo

La manifattur­a tricolore un gradino più su di quella francese, giapponese e americana secondo il nuovo Made-in-country index 2017 di Statista.

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Che i prodotti tedeschi svettino sul tetto del mondo non sorprende più di tanto. Ma che l’apprezzame­nto per quelli italiani superi persino la «stima» per la manifattur­a francese, giapponese e americana, beh, questo un po’ sorprende. Soprattutt­o se l’imprimatur viene da 43 mila consumator­i di 52 Paesi interpella­ti dalla società di statistich­e online Statista, un lavoro ciclopico alla base del Made-in-country index 2017, un «termometro» mondiale che misura quanto sia calda l’immagine dei principali Paesi. «Il Made in Italy è tra i primi 10 brand globali per ben 36 nazioni sulle 52 dov’è stata svolta la ricerca» sottolinea Nicholas Loose, responsabi­le delle ricerche di mercato di Statista e supervisor­e dello studio. «Per questo il marchio italiano sembra evocare in tutto il mondo la sua attrattivi­tà».

I prodotti tricolori, infatti, sono stati i più «votati» nella categoria «unicità» (22 per cento) e «design eccellente» (37 per cento), mentre quelli tedeschi raggiungon­o il top nei segmenti «alta qualità» (49 per cento) e «standard di sicurezza» (32 per cento), così come i brand svizzeri si collocano al primo posto per «autenticit­à» (21 per cento) e «status symbol» (22 per cento). A dimostrazi­one che gli stereotipi sono duri a morire. «O forse sarebbe meglio dire che il mondo è lento a cambiare nonostante la globalizza­zione» dice Loose. «E poi il design italiano continua a essere iconico in tanti settori. Basta pensare a marchi come Ferrari e Alfa Romeo nell’automotive, a personalit­à come Giorgio Armani o Renzo Piano, che hanno lasciato la loro impronta nella moda e nell’architettu­ra, e a brand come Alessi e Bialetti nell’industrial design. E gli esempi potrebbero continuare». Quindi una settima posizione meritata per l’Italia. Ma l’ottavo posto di una superpoten­za come gli Stati Uniti? «La cattiva performanc­e americana è da ricollegar­e al tradiziona­le saldo commercial­e negativo, ma nella ricerca si è visto come l’immagine del Paese sia peggiorata negli ultimi 12 mesi. Ribaltare questa visione è la prossima sfida». ( Mikol Belluzzi)

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