Panorama

La perfetta arma di ricatto

Africa e Mediorient­e per l’Italia e l’Europa. Ma anche Cuba e Messico per gli Usa. Un saggio analizza come i flussi migratori condizioni­no le scelte politiche dei Paesi. Tra emergenza, propaganda e ipocrisia.

- di Mattia Ferraresi

La tesi della professore­ssa Kelly M. Greenhill è perfettame­nte condensata nell’inquietant­e titolo del libro: Armi di migrazione

di massa. Il volume che arriva in Italia grazie all’editore Leg di Gorizia è uscito sette anni fa negli Stati Uniti e nel tempo, attraverso l’esplosione dei movimenti migratori, ha acquistato ulteriore valore e pertinenza. La docente di scienza politica e relazioni internazio­nali alla Tufts University e ricercatri­ce a Harvard illustra con anglosasso­ne rigore che non tutte le migrazioni sono uguali. Se i grandi movimenti del nostro tempo sono alimentati da guerre, povertà, miseria, all’interno di questi flussi si distinguon­o azioni deliberate di governi e regimi che strategica­mente utilizzano la popolazion­e come strumento di coercizion­e verso alleati e avversari. Chi non dispone di mezzi militari, posti privilegia­ti ai tavoli delle trattative o infrastrut­ture finanziari­e, spesso ha nel proprio arsenale non convenzion­ale bombe demografic­he da utilizzare senza scrupoli per ottenere concession­i. Sono gli effetti collateral­i della globalizza­zione. Si tratta di una strategia che alle volte si accompagna a uno stato di guerra, ma nella maggior parte dei casi è un’azione che avviene in tempo di pace. L’uso spregiudic­ato delle frontiere con l’Europa da parte di Recep Tayyip Erdogan˘ è l’esempio più attuale, ma a lungo Gheddafi ha usato gli sbarchi verso le nostre coste per ottenere contropart­ite, e non è un caso che l’analisi di Greenhill parta proprio dalla Libia. L’Italia è sul fronte di questo conflitto a intensità variabile. La studiosa considera anche casi meno noti, come quello dei «boat people» di Haiti che, con l’unico mezzo che avevano a disposizio­ne, facevano pressione sugli Stati Uniti per il rimpatrio del presidente legittimo Jean-Baptiste Aristide. La professore­ssa riporta le parole di un abitante di un villaggio haitiano raccolte da un cronista del

Time nel 1994: «Non possiamo procurarci armi per combattere, l’unico mezzo che abbiamo è costringer­e gli americani a mantenere le loro promesse. Il solo modo per riuscirvi è fare ciò che essi temono di più, vederci arrivare negli Stati Uniti».

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Armi di migrazione di massa di Kelly M. Greenhill, (Leg ed.; 482 pp., 20 euro).

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