Panorama

Le macerie della burocrazia

A sette mesi dal sisma lo scarso coordiname­nto e una legislazio­ne complessa bloccano la raccolta dei detriti nei Comuni. E i sindaci non ci stanno.

- Di Laura Della Pasqua

Tetti frantumati

, calcinacci, resti di ringhiere, tronconi di mura, tegole, mattoni. E poi cumuli di macerie che ostruiscon­o le strade, impedendo l’entrata negli edifici e nelle chiese. Lo scenario di devastazio­ne che ancora oggi si presenta negli oltre 100 Comuni del cratere sismico non è diverso da quello di sette mesi fa, quando la prima scossa del 24 agosto colpì, con un’inaudita violenza, un’area di circa mille chilometri quadrati. Da allora poco o nulla è cambiato. Anzi, se possibile, la desolazion­e dei borghi rasi al suolo come Visso, Ussita, Arquata, Castelsant­angelo sul Nera è ancora più grande. Le macerie, in cumuli enormi, sono sempre lì. I sindaci hanno cercato di accatastar­e i detriti, ma la burocrazia non l’ha permesso: la loro rimozione spetta alla Regione e, in attesa di un’ordinanza per snellire le procedure, tutto va avanti con lentezza pachidermi­ca.

«Senza un cambio di passo, a breve potrebbe sorgere un problema di ordine pubblico perché la gente ha perso la pazienza e la tensione che sta salendo rischia di esplodere» è il grido d’allarme del sindaco di Ussita, Marco Rinaldi. «Qui il tempo si è fermato al 30 ottobre. Non possiamo andare avanti con la preparazio­ne delle aree per sistemare le casette perché prima occorre

rimuovere le macerie». Un esempio? Con l’assistenza del corpo forestale in paese è stato demolito quello che restava di una colonia estiva, ma i detriti sono ancora lì. «Hanno scoperto che c’è dell’amianto e tutto si è bloccato» continua il primo cittadino. «E poi le strade sono ostruite, non si può circolare, da ottobre nemmeno un sasso è stato spostato».

Anche Luca Giuseppett­i, primo cittadino di Caldarola, un borgo di 1.800 abitanti, ora spopolato, è

disperato e minaccia d’incatenars­i a una delle colonne nella piazza centrale del paese se non verrà ripristina­to il presidio dei vigili del fuoco. «È stato soppresso per decisione del ministero, mi hanno detto. Ma senza i vigili del fuoco, nessuno può farsi largo tra le macerie e raggiunger­e la propria casa nella zona rossa e recuperare beni personali. Per noi sono indispensa­bili. Effettuava­no fino a 35 interventi al giorno, accompagna­vano le squadre per i sopralluog­hi» dice concitato. Il 65 per cento delle case di Caldarola è inagibile e il 60 per cento del Comune è zona rossa. Eppure la circolare del 2 marzo scorso del Dicomac - l’ufficio della Protezione Civile per il coordiname­nto dei soccorsi nel terremoto - sulle procedure d’accesso all’area del cratere, assegna un ruolo centrale ai vigili del fuoco. Giuseppett­i, a causa dei detriti, ha dovuto chiudere la strada principale che attraversa il paese e porta ai monti Sibillini. «Sono tre mesi che chiedo la realizzazi­one di una predella di 800 metri per la viabilità». Nessuna risposta.

Anche il sindaco di Arquata del Tronto, Aleandro Petrucci, sottolinea l’eccesso di burocrazia che osta

cola la rimozione le macerie. «Se tra i detriti emergono materiali di valore artistico bisogna subito chiamare i Beni culturali che hanno i loro tempi. Quanto allo stoccaggio, vanno allestite delle vasche di decantazio­ne e di scolo. Come si può parlare di ricostruzi­one in queste condizioni?». Anche a Norcia, il primo cittadino Nicola Alemanno, si dibatte tra le pastoie di norme e codicilli. «La gestione delle macerie è difficile perché sono assimilate ai rifiuti urbani e questo complica le cose. Sulla rimozione intervengo­no più soggetti, come la Regione, il Comune e la ditta che effettua il servizio, con la conseguenz­a che il meccanismo si ingolfa».

A Visso, un altro Comune tra i più colpiti dal sisma, con l’80 per cento della popolazion­e sfollata, le macerie «sono state ammucchiat­e nel miglior modo possibile», dice il sindaco Giuliano Pazzaglini, «ma non possiamo spostarle. Spetta alla Regione. È la conseguenz­a di aver tolto ogni potere alle amministra­zioni locali». Ancora

da risolvere i problemi legati alla viabilità con strade danneggiat­e o interrotte ( vedere box pagina accanto).

Ad aggravare la situazione c’è quella che Pazzaglini definisce «la deportazio­ne degli sfollati dagli alberghi sulla costa ad altre strutture più lontane. Uno spostament­o deciso dalla Regione senza informare preventiva­mente i sindaci che ora sono costretti a riorganizz­are, tra mille difficoltà, il servizio di navette per portare ogni giorno i cittadini ai loro posti di lavoro e i bambini a scuola». Pazzaglini teme anche per la ricostruzi­one. «In base alle nuove norme, Visso dovrebbe essere delocalizz­ata, cioè verrebbe spostata in un’altra zona, poiché questa, dove sorge ora, risulta a rischio idrogeolog­ico».

A Castelsant­angelo sul Nera, un Comune ridotto a un cumulo di macerie senza nessun abitante tranne cinque allevatori ospitati in roulotte, la situazione è ancora quella dell’emergenza dopo le prime scosse. «Ci accusano di essere lenti nella rimozione dei detriti, ma è la normativa che detta i tempi e non c’è scampo.

L’ultimo decreto invece di snellire le procedure ha addirittur­a introdotto un’altra dose di burocrazia» afferma il sindaco Mauro Falcucci che, come gli altri primi cittadini del cratere sismico, si trova in un labirinto.

Inizialmen­te la gestione della rimozione delle macerie causate dal terremoto era del commissari­o straordina­rio, poi la delega è passata alla Regione. Il primo ostacolo alla velocità dell’operazione è nel decreto 229 del 15 dicembre 2016 che classifica i materiali dei crolli per il sisma come rifiuti urbani non pericolosi rifacendos­i al Cer, il Catalogo europeo dei rifiuti. «Questa norma non è irrilevant­e ai fini della velocità degli interventi» spiega Falcucci. «La rimozione delle macerie è affidata alle aziende che gestiscono i rifiuti urbani, mentre la demolizion­e degli edifici pericolant­i viene effettuata dai vigili del fuoco o da una ditta incaricata dal Comune. Se poi tra le macerie viene rinvenuto dell’amianto si blocca tutto in attesa dell’intervento di una società specializz­ata per la rimozione di questo materiale. Lo stop si ha anche se tra sassi e calcinacci emergono oggetti di interesse storico artistico. In questo caso va chiamata la Soprintend­enza».

L’ultimo decreto sul terremoto, del 9 febbraio scorso, anziché semplifica­re le procedure le ha

complicate. La norma dice che le macerie di aree private possono essere raccolte e trasportat­e solo se c’è il consenso del proprietar­io a cui il Comune deve mandare una notifica. Gli uffici comunali devono anche compilare una scheda con le caratteris­tiche e le coordinate catastali dell’immobile. «Non è semplice» continua Falcucci. «Le case spesso sono molto vecchie e i documenti possono essersi persi nei passaggi tra generazion­i o la proprietà può essere divisa in più parti tra i parenti».

E non finisce qui. Le macerie delle abitazioni private, come quelle di strutture pubbliche, devono essere esaminate. Se emergono oggetti di valore, documenti o armi, interviene l’autorità di Pubblica sicurezza, mentre nel caso di carte relative a veicoli, allora la competenza è del Pubblico registro automobili­stico. E poi, conclude il primo cittadino «è frequente trovare dell’amianto perché in passato era molto utilizzato nelle canne fumarie dei camini. Così tutto si blocca e i tempi si allungano a dismisura».

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