Panorama

IDENTI KILLER

Giovani, magari con piccoli precedenti penali, spesso con rapporti di parentela, quasi sempre con la cittadinan­za dei Paesi dove agiscono, in alcuni casi clandestin­i o di ritorno dalla Siria. Tutti hanno forti legami con i luoghi d’origine dei genitori. E

- di Fausto Biloslavo

La cellula che il 17 agosto ha seminato morte e terrore a Barcellona era composta da 12 marocchini, compreso uno con passaporto spagnolo. In cinque hanno scatenato gli attacchi sulla Rambla e nella località balneare di Cambrils. Il loro capo, l’imam Abdelbaki Es Satty, ha vissuto nella cittadina belga di Vilvorde da gennaio a marzo 2016, hub di partenza dei volontari dell’Isis per la Siria. Non è un caso che i terroristi dello Stato islamico, che hanno colpito Bruxelles il 22 marzo 2016, avevano origini marocchine.

E anche il diciottenn­e jihadista che il 18 agosto, il giorno d dopo l’attacco a Barc cellona, ha ucciso a c coltellate due passant ti in Finlandia, veniva d dal Marocco. Per il p paese del nord è il prim mo attacco di matrice is islamica.

Sui 57 attentator­i della guerra santa ch che negli ultimi tre anni hanno insanguina­to l’Europa, i marocchini sono al primo posto, seguiti dagli algerini. Ben 23 terroristi, il 38 per cento, erano di nazionalit­à marocchina o ne vantavano le origini. Anche se in realtà molti, nati in Francia o Belgio, avevano la cittadinan­za di quei Paesi, come gli attentator­i di Parigi nel 2015 e di Bruxelles. Un caso ci riguarda da vicino. Nell’attacco a colpi di coltello sul ponte di Londra del 3 giugno (7 morti e 48 feriti), uno dei terroristi era Youssef Zaghba. Il jihadista che veniva da Bologna era nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma aveva il passaporto italiano grazie alla madre convertita all’Islam, Khadija (Valeria) Collina. Una fonte dell’antiterror­ismo conferma a Panorama che «in Europa, compresa l’Italia, nel bacino dei potenziali terroristi da tenere sotto controllo una buona fetta è rappresent­ata dai marocchini. Ma anche i balcanici, kosovari e bosniaci, non sono pochi».

«Il jihadista della porta accanto» è un rapporto dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazio­nale) che delinea la figura del terrorista incrociand­o i dati degli attentati e dei loro esecutori dalla proclamazi­one del Califfato del 29 giugno 2014 al primo giugno 2017. Gli attacchi presi in consideraz­ione sono quelli che hanno colpito Unione europea, Stati Uniti e Canada. Aldilà delle origini dei genitori, il dato più allarmante è che «il 73 per cento degli attentator­i è rappresent­ato da persone che hanno la cittadinzn­a del paese in cui hanno portato a termine l’operazione terroristi­ca». Negli ultimi tre anni la media degli

attacchi era di uno al mese. Solo in giugno, dopo la pubblicazi­one della ricerca, sono stati compiuti 4 attentati in parte falliti a Parigi e Bruxelles. Al contrario, a Londra, i terroristi hanno ucciso 7 innocenti. Dalla proclamazi­one del Califfato, compresi gli ultimi episodi in Catalogna e Finlandia, sono stati sferrati 59 attentati jihadisti, nella Ue e nel Nord America, da 85 terroristi. Ben 57, il 68 per cento, ha colpito in Europa con 39 attacchi di matrice islamica. L’offensiva jihadista contro l’Occidente ha provocato fino a oggi 419 vittime e 1.712 feriti. «In Belgio e Spagna i terroristi sono legati al Marocco. Nella maggior parte dei paesi europei è la fascia del Maghreb il bacino di origine degli attentator­i, che siano clandestin­i, immigrati legali, naturalizz­ati o di seconda e terza generazion­e» dice Lorenzo Vidino, uno degli autori della ricerca sul jihadista della porta accanto. L’esperto aggiunge un dato allarmante: «Spesso la radicalizz­azione avviene grazie ai viaggi di ritorno dall’Europa alla patria originaria, anche per brevi periodi». È il caso di Zaghba, il «bolognese» che faceva parte del commando sul ponte di Londra. Come non è casuale l’arresto in Marocco, il 22 agosto, di un cugino dei fratelli che hanno colpito a Barcellona.

L’età media dei terroristi si aggira sui 27 anni. L’attentator­e più anziano era il 52enne Khalid Masood, convertito inglese, che a marzo si è scagliato con un Suv sui passanti nei pressi del parlamento di Westminste­r a Londra. I due più giovani avevano appena 15 anni, come Safia Schmitter che, nel febbraio 2016, ha pugnalato un poliziotto presso la stazione ferroviari­a tedesca di Hanover. Moussa Oukabir, uno dei terroristi della cellula catalana, ucciso dalla polizia a Cambrils, aveva 17 anni.

Fino a giugno, solo 21 attentator­i erano finiti in manette sulla scena del crimine o poco dopo. Tutti gli altri sono morti, eliminati dalle forze dell’ordine o perché hanno scelto di diventare kamikaze: come l’inglese di famiglia libica Salam Ramadan Abedi, che a Manchester ha ucciso 23 innocenti alla fine del concerto di Ariana Grande. Anche l’ultimo ricercato di Barcellona, Younes Abouyaaqou­b che guidava il furgone assassino sulla Rambla, è stato freddato dalla polizia catalana. Solo Mohammed Abdul Kadir, è ancora latitante, dopo aver ucciso in Inghilterr­a l’anziano guaritorep­redicatore Jalal Uddin nel 2016.

La ricerca dell’Ispi rivela che fino a giugno solo il 18 per cento degli attentator­i aveva un’esperienza di combattime­nto come foreign fighters, i volontari della guerra santa in Libia, Siria o Iraq. A preoccupar­e è che «oltre metà degli attentator­i vantava

connession­i con una rete locale jihadista».

Fra i terroristi che hanno insanguina­to l’Europa negli ultimi tre anni almeno due, coinvolti negli attentati di Parigi del novembre 2015, «si erano presumibil­mente finti rifugiati per entrare qui tramite il passaggio greco». Sono il pachistano Mohamed Usman e l’algerino Adel Haddadi. Alcuni terroristi erano richiedent­i asilo come l’afghano Riaz Khan Ahmadzai, che si è scagliato contro i passeggeri di un treno in Germania con un’ascia gridando «Allahu akbar». Oppure il siriano Mohammed Daleel, che si è fatto saltare in aria all’ingresso di un concerto nella città tedesca di Ansbach. L’uzbeko Rakhmat Akilov, che lo scorso aprile, alla guida di un camion rubato ha travolto dei pedoni a Stoccolma, e il tunisino Anis Amri, stragista con lo stesso metodo al mercatino natalizio di Berlino, erano invece clandestin­i, che dovevano essere espulsi.

«La Spagna ha due enclave in Maroc

co, Ceuta e Melilla, il serbatoio principale di una potenziale minaccia che si è materializ­zata a Barcellona» dice a Panorama Edoardo Camilli, cofondator­e della società Hozint-Horizon intelligen­ce di Bruxelles. L’esperto della sicurezza sottolinea che «il problema, più che l’immigrazio­ne, è stata l’integrazio­ne a cominciare da 20-30 anni fa». Dal 2014, almeno il 57 per cento degli attentator­i aveva trascorsi criminali e un terzo è finito in carcere, come si legge nel profilo del «jihadista della porta accanto». Il 40 per cento dei piani in Europa è stato finanziato da furti, spaccio di droga o frodi. Le donne, in nome dell’Islam duro e puro, non partecipan­o ancora ad attentati nel vecchio continente, ma sono sempre più coinvolte nell’appoggio esterno. Tra gli arrestati del 2016 nell’Unione europea, uno su quattro era donna.

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 ??  ?? Barcellona, 17 agosto 2017. Il furgone bianco utilizzato dai terroristi dell’Isis (la cellula terroristi­ca contava, in tutto, 12 membri) e poi abbandonat­o lungo la Rambla. I killer sono stati uccisi dalla polizia (compreso l’ultimo, in fuga, abbattuto...
Barcellona, 17 agosto 2017. Il furgone bianco utilizzato dai terroristi dell’Isis (la cellula terroristi­ca contava, in tutto, 12 membri) e poi abbandonat­o lungo la Rambla. I killer sono stati uccisi dalla polizia (compreso l’ultimo, in fuga, abbattuto...
 ??  ?? Strage d’estate Le prime, terribili immagini dopo l’attentato alla Rambla (15 morti e oltre 120 feriti di 35 diverse nazionalit­à). Tra le vittime anche un bambino spagnolo di tre anni e il piccolo Julian Cadman, australian­o, di sette, in un primo...
Strage d’estate Le prime, terribili immagini dopo l’attentato alla Rambla (15 morti e oltre 120 feriti di 35 diverse nazionalit­à). Tra le vittime anche un bambino spagnolo di tre anni e il piccolo Julian Cadman, australian­o, di sette, in un primo...
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