GIGGINO E VINCENZINO, COSÌ DIVERSI MA COSÌ UGUALI NELL’ESERCIZIO DEL POTERE
Giggino il sindaco e Vincenzino il governatore non potrebbero essere più diversi: per generazione e per storia personale e politica. De Luca, governatore della Campania, ha un passato da comunista duro, berlingueriano e dalemiano. Combatté i socialisti che allora governavano Salerno e poi ne ereditò la buona amministrazione. Vent’anni dopo, quando presentò il mio libro nella sala del Consiglio comunale, la prima cosa che volle dirmi accogliendomi con calore fu: «Avevate ragione voi, avevate ragione su tutto!». Il tratto autoritario e la durezza con la criminalità gli meritarono la nomea di sindaco sceriffo. Nel frattempo dovette assaggiare anche lui la gogna mediatica. Politico consumato, del consenso popolare si è fatto scudo persino contro la legge Severino e una proditoria Rosi Bindi che dal tronetto della Commissione antimafia, peraltro neppure consultata, lo definì impresentabile. Altra storia quella di de Magistris. Procuratore a Catanzaro, con le controverse inchieste Poseidon e Why Not mette a soqquadro il mondo politico e imprenditoriale locale sfiorando il ministro della Giustizia Clemente Mastella e persino Romano Prodi. Indagato e condannato in primo grado, viene spogliato delle indagini. L’attacco al potere gli vale comunque l’elezione in Europa con Di Pietro. Le sue inchieste naufragano al pari delle accuse e dei processi che lo riguardano. Molto rumore per nulla, ma ormai è lanciato in politica e si fa sindaco di Napoli. Dichiarato decaduto in base alle legge Severino, si proclama sindaco di strada e resiste fino a quando, assolto, si reinsedia a palazzo. Anche lui si serve del consenso come di uno scudo – qualche volta come di una clava – contro le tempeste giudiziarie, gli avversari e i critici, da Roberto Saviano a Lonely Planet che inspiegabilmente si ostinano a descrivere una Napoli sporca, invivibile e infestata dalla camorra. La sua biografia su Wikipedia è così encomiastica che nel suo ufficio stampa preparano una versione più oggettiva. Insomma. anche se se le suonano di santa ragione, De Luca e de Magistris si assomigliano. Sono due sanguigni borghesi meridionali amati dalla loro gente che nel deserto democratico li plebiscita di voti e, per ora, di fede. Il considera uguali a se, ma al di sopra di leggi e regolamenti da cui invece si sente stritolata. Li ama perché hanno il potere e lo usano senza risparmio, dunque possono fare miracoli. Finché durano loro a Napoli e in Campania i 5 Stelle e Di Maio non vedranno palla. Qui il populismo c’è già. E anche il reddito di cittadinanza.