Amy Schumer. Per caso qualcuno ha detto sesso?
Non ha peli sulla lingua, che si parli di temi intimi o di chili di troppo. L’attrice americana è una comica nata e, secondo Time, anche una delle 100 persone più influenti al mondo. Il 7 settembre arriva al cinema con Fottute! dove si diverte a fare «l’i
Prima di tutto scusa per averti fatto strappare così tanti peli da mani femminili sconosciute. Spero almeno che le dita di qualche maschio gentile incontrato in serate altrimenti solitarie, abbiano pareggiato il conto». Il primo capitolo della sua autobiografia di 336 pagine The girl with the lower back tattoo (parodia del best seller The girl with the dragon tattoo) si intitola Lettera aperta alla mia vagina ed è una sintesi immediata dello stile di Amy Schumer, 36 anni, comica e collezionista di aggettivi: onesta, sfrontata, sboccata, coraggiosa, impavida, senza filtri e senza freni. Il libro-confessione è stato pagato nove milioni dollari, è stato in vetta alla classiffica del New York Times ed è solo uno dei tasselli che l’hanno resa così famosa da venire inserita tra le 100 persone più influenti del mondo, selezionate dal settimanale Time. Poi ci sono lo show tv Inside Amy Schumer, le sue tournée teatrali e l’ultima conquista: il cinema. Per Fottute!, una delirante action-comedy ambientata in Sud America (in uscita il 7 settembre), il premio Oscar Goldie Hawn ha abbandonato un ritiro di ben 15 anni pur di interpretare sua madre. È Amy a scrivere anche i testi, insieme alla sorella minore Kim Caramel («Io la chiamo mia complice» scherza l’attrice). Poi c’è Jason, un fratello musicista, che è quello serio della famiglia: «Si vergogna di tutto quello che facciamo». Soprattutto del fatto che Amy adora raccontare delle persone che ha intorno, compresa la sua ginecologa, in una sorta di continua seduta di autocoscienza pubblica. È così che si è saputo che suo padre Gordon ha la sclerosi multipla ed è ricoverato in una casa di cura, e che è colpa della madre Sandra se hanno divorziato: lo ha tradito col suo migliore amico. Il primo giorno di riprese, Goldie Hawn le è sembrata emozionata? Ma no, contenta semmai. Recitare è una di quelle cose naturali che non si dimenticano mai… Mi verrebbe da dire come il sesso, ma poi sembra che io sia fissata. Per cui diciamo che è come la bicicletta. Però era fissata sul fatto che sua madre dovesse essere proprio Goldie. Leggendo la sceneggiatura, nella mia mente la faccia di Goldie si sovrappone- va alle parole, come in un fenomeno paranormale, tanto era perfetta. Anche i produttori mi hanno dato ragione. Non fossi riuscita a convincerla sarebbe stato un bel problema. È stato così difficile? Non recitava in un film da 15 anni e, a dirla tutta, non aveva la minima idea di chi diavolo fossi. Per fortuna sua figlia ( l’attrice Kate Hudson, ndr.) glielo ha spiegato e mi ha aiutato nella mia opera di stalker. Le ricorda sua madre? Soltanto fisicamente. Anzi, vedendo il rapporto fra lei e Kate posso dire che c’è un’altra cosa che Goldie e mia mamma hanno in comune, ma forse è così per tutte le mamme del mondo: «Ti ho fatto nascere, ti ho cresciuta e ora vuoi la tua indipendenza?». Che poi è il concetto base del film, di finzione, ma, come si dice, «basato su una storia vera», anzi su qualche milione di storie vere... Figli che si staccano da genitori recalcitranti. Il film è ambientato in Sud America. Cosa ha imparato di quel mondo? La capoeira, una lotta tradizionale brasiliana che è anche una danza. Avevo la controfigura ma ci ho dato dentro, volevo fare la mia parte. Però ero più a mio agio a bere caipirinha. Tutti gli stereotipi del film sono voluti. Io sono l’idiota, la classica americana che va all’estero senza sapere niente, con arroganza e ignoranza, pensando che anche se non parla la lingua locale tutti dovrebbero trattarla bene ed essere al suo servizio. Direi che è anche il pensiero del nostro nuovo presidente. Ma preferisco parlare di una comica professionista come Goldie, piuttosto che di un comico dilettante, e involontario, come Donald Trump.