Panorama

Barconi ridotti in quattro mosse

- (F.B.)

L’incontro sulla costa del Mediterran­eo, il protettore dei trafficant­i che cambia registro e blocca i migranti, l’arresto del boss non in linea e i soldi del governo libico spalleggia­to da Roma. Le mosse segrete dell’Italia per fermare le partenze dei barconi dalla Tripolitan­ia sono ardite, ma per il momento efficaci anche grazie all’Aise, la nostra intelligen­ce. Verso fine luglio «emissari italiani e rappresent­anti dei miliziani che controllan­o Sabrata si sono incontrati nel vicino hotel Dar Tallil che si affaccia sul Mediterran­eo» rivela una fonte libica di Panorama. La città dalle antiche vestigia romane, 70 chilometri a ovest di Tripoli, è uno dei principali punti di partenza dei barconi verso l’Italia. Un’altra fonte locale conferma l’incontro, che sarebbe avvenuto sempre di fronte al mare, però a Sabrata. I dettagli non trapelano, ma la proposta è chiara: In cambio di aiuti e denaro italiani che arriverann­o dal governo di Tripoli, fermate il flusso di migranti. Il «garante» dell’accordo è Al Ammu, che significa «zio», al secolo Ahmed Al Dabbashi, protettore degli scafisti a Sabrata in cambio del pizzo su ogni barcone. Non a caso il gestore dell’hotel Dar Tallil è amico fraterno e compagno d’armi dello «zio» ai tempi della rivolta contro il colonello Gheddafi. Gli stessi miliziani di Sabrata hanno rapporti consolidat­i con gli italiani tenendo conto che garantisco­no la sicurezza esterna dell’impianto libico e dell’Eni di Mellita vicino al confine tunisino, da dove arriva il gas a Gela. Lo «zio» non è un capo bastone qualunque. Un rapporto di giugno commission­ato dal ministero degli Esteri olandese definisce Al Dabbashi «il trafficant­e di migranti più potente della Libia». Ad agosto inversione a U: la Brigata 48 dei miliziani di Sabrata, formalment­e integrata dal ministero della Difesa di Tripoli, ma che fa riferiment­o allo «zio», comincia a pattugliar­e strade e spiagge fermando i migranti e bloccando le partenze dei gommoni. La svolta a 180 gradi è uno dei fattori chiave della riduzione degli arrivi in Italia di oltre il 70 per cento nell’ultimo mese. Un sistema simile era già stato adottato per Zawya, altro punto di partenze dalla Tripolitan­ia ora ridotte a quasi zero. Il governo di Tripoli ha girato soldi e mezzi al discusso capo della guardia costiera Abd al Rahman Milad, veterano della rivolta anti Gheddafi accusato di maltrattar­e i migranti. Nome di battaglia «Bija», era legato a una banda di trafficant­i di uomini e petrolio dello stesso clan. E che l’accordo tenga lo dimostra il fatto che chi non si allinea con il nuovo ordine voluto dagli italiani finisce male. Il 23 agosto un commando di sette uomini delle «forze di deterrenza» Rada, la milizia islamista diventata unità speciale del ministero dell’Interno di Tripoli, sbarca da un elicottero a Zuwara sempre sulla costa occidental­e. Ad attenderli dei reparti locali che guidano verso l’obiettivo gli uomini di Abdul Rauf Kara, il salafita schierato con il governo di Fayez al Serraj riconosciu­to dall’Onu. Il commando irrompe nella villa in stile Dubai di Fahmi Salim Mousa Bin Khalifa ( foto). Il noto trafficant­e di uomini e contrabban­diere di petrolio finisce in manette e viene trasferito nella capitale. Salim aveva spostato le sue attività criminali a Sabrata e avrebbe potuto riattivare i barconi da Zuwara. Un ostacolo alle mosse italiane per tamponare le partenze dei migranti dalla Tripolitan­ia.

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