Panorama

La dinastia di sangue del dittatore coreano

Perché il dittatore coreano può permetters­i di sfidare il mondo senza che nessuno riesca ad arginare la sua corsa alle armi nucleari.

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Quattro generazion­i di morti ammazzati. È questa l’incredibil­e storia della dittatura comunista iniziata con Kim Il-Sung, «presidente eterno». La sua prima moglie morì a 29 anni in circostanz­e non chiarite, come (forse) anche la sua seconda moglie. E poi una serie di parenti, figli e nipoti, zii e cugini dal destino incerto. Qualcuno è stato avvelenato, qualcun altro sarebbe stato incenerito con il lanciafiam­me. Tutto è possibile nel Paese dove leggenda vuole che il figlio del presidente eterno la prima volta che giocò a golf con un tiro fece 11 buche. E dove Kim Jong-Un ( foto sopra) minaccia il mondo con la bomba H.

La Corea del Nord ha appena testato una nuova potentissi­ma arma nucleare, e dichiarato che la sua carica potrebbe essere miniaturiz­zata e messa su un missile balistico capace di raggiunger­e le coste americane. Vero o meno che sia, questa è solo l’ultima delle provocazio­ni che il regime di Pyongyang porta avanti dal 2011, quando cioè il giovane Kim Jong-un (classe 1984) è salito al potere, ereditando un paese ostinatame­nte militarizz­ato e in piena recessione economica.

Sin dai primi vagiti del nuovo corso politico, il suo regime si è contraddis­tinto per una linea strategica che alle minacce internazio­nali ha alternato le prime riforme economiche da decenni per far uscire il paese dal default e al contempo permettere ai militari di sopravvive­re.

Per realizzare tale programma, Kim Jong-un ha mirato a esasperare i toni in politica estera, riavviando quel programma nucleare interrotto anni prima dal padre Kim Jong-il ed eliminando fisicament­e ogni voce di dissenso. Così facendo, ha rincuorato la casta militare e ottenuto da loro quella fiducia che gli era stata inizialmen­te negata perché ritenuto troppo giovane e inesperto. L’attuale crisi nordcorean­a è pertanto una partita anzitutto interna, che vede nel «leader supremo» il vero regista, mentre relega gli altri attori al ruolo di meri figuranti.

Cina e Russia, per esempio, i suoi protettori e vicini di casa, non riescono più a influenzar­e Pyongyang quanto vorrebbero e oggi temono il

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