Che cosa ho capito della Russia iscrivendo mio figlio a scuola
Antoshka, sei anni, vive a Mosca. E ora fa la prima elementare. La sua mamma, nostra collaboratrice, racconta come il sistema scolastico sia lo specchio di un Paese in evoluzione.
Ammettiamolo, l’ho sempre invidiato. Io ho imparato il russo all’università, faticando sui libri. Lui lo ha assorbito sul campo, bilingue eppure figlio di genitori italiani. All’ingresso dell’asilo nostro figlio Antoshka ci salutava, passando con naturalezza dalla favella di Dante a quella di Putin. Noi lo guardavamo dalla porta, esclusi da quella che aveva tutta l’apparenza di una festa. Ma questa volta al party eravamo invitati. Il primo giorno di scuola in Russia, festività nazionale, cade il primo settembre. Ero preparata: alla maestra ogni bimbo porta i fiori. «Non più: da quest’anno si fa un bouquet di gruppo e il resto va in beneficenza» mi ha detto una mamma, prima di inserirmi in tre chat differenti di genitori: con l’insegnante, senza, e per le iniziative benefiche.
Chi crede che il sistema scolastico russo sia un’arena spersonalizzata e altamente competitiva, sbaglia. Alternativi e un po’ autarchici, i genitori russi sono ben organizzati, e non per piagnucolare alle riunioni ma per sopperire dove la scuola non arriva. Certo, c’è differenza tra provincia, periferia e centro, ma se tuo figlio va alla statale percepisci un Paese che crede nel sistema educativo. «Ma come? Non lo mandi alla francese?» mi chiese una mamma italiana, convinta che l’unica panacea, peraltro costosa, sia quella dei cugini d’oltralpe: studiare le stesse cose a qualsiasi capo del mondo. «No, andrà alla pubblica: sono curiosa del metodo Zhokhov» le ho risposto.
Vladimir Zhokhov, autore di testi di matematica, è il pedagogo del momento in Russia. Vuole che nostro figlio si alzi dal banco, se gli va. Nell’ora di matematica, dovrà cantare. Imparerà a parlare in pubblico e a essere comunicativo. Niente compiti a casa, al posto dei libri in aula ci sarà uno schermo interattivo. E quando finirà l’anno, non vedrà l’ora che ricominci. Le mamme moscovite fanno carte false per inserire il pargolo in questo corso di studi, che sembra un mix tra la scuola steineriana e il metodo Montessori. Ma è diverso: tra le amenità varie, intende portare i bimbi del primo anno a risolvere operazioni complesse. Tutti piccoli segnali di come il Paese si appresta (almeno un po’) a cambiare, partendo dalle nuove generazioni.
Il resto è Russia come siamo abituati a immaginarla. A volte sembra Urss. Il primo giorno suonano l’inno nazionale, la marcia militare, ci sono i palloncini, i discorsi, i ragazzi dell’ultimo anno portano in classe per mano i più piccoli. C’è persino il veterano che parla, ancora una volta, della vittoria sui nazisti. Ma ti provocano pure una grande emozione. Ti fanno capire che per tuo figlio sta iniziando una cosa importante. (Cristina Giuliano - da Mosca)