I dipendenti puntano al 20% di Alitalia
Per evitare lo smembramento e salvare il posto, si punta a sottoscrivere fino al 20 per cento del capitale. Già individuati un partner industriale e due finanziari.
Non abbiamo alternative. Se vogliamo conservare il posto di lavoro, questa compagnia ce la dobbiamo comprare». Così due comandanti di lungo corso dell’Alitalia, Alberto Arlotta e Antonio Chialastri, stanno chiamando a raccolta i loro colleghi per una temeraria operazione di management buyout. Obiettivo: comprarsi tutti insieme tra il 10 e il 20 per cento della compagnia e fare cordata con un partner industriale e uno o due partner finanziari che rilevino il resto, evitando spezzatini ed esuberi. Il tempo stringe. Il termine per avanzare le offerte di acquisto non vincolanti e senza indicazioni di prezzo scade il 15 settembre. Entro il 2 ottobre do- vranno essere presentate le offerte vincolanti. Ma i due coraggiosi capitani sono ottimisti. Sul fronte dei partner, stanno trattando i dettagli con «un’importante compagnia aerea non europea e due partner finanziari italiani con le spalle forti, persone fisiche note, di livello, ognuna delle quali ha un fondo di investimento». Non ci sono ancora accordi firmati, ma «la volontà di chiudere c’è»: a patto però che i dipendenti siano davvero disposti a impegnarsi in prima persona. Per smuoverli, Chialastri e Arlotta hanno lanciato un appello sulla piattaforma di petizioni online change.org, che in quattro giorni ha raccolto oltre mille adesioni. Si intitola «Alitalia compra Alitalia», ma non chiede ancora impegni obbliganti, piuttosto una dichiarazione di intenti. «Solo successivamente i firmatari saranno liberi di scegliere se diventare soci della NewCo che costituiremo con gli altri partner». Per diventare azionisti, i dipendenti potranno utilizzare una quota del loro Tfr.
L’entità dell’investimento sarà a discrezione di ciascuno, ma nessuno dovrà tirare fuori materialmente un euro, solo impegnare una parte della propria liquidazione. «Ci possono essere anche altre strade», non nega Chialastri, «per esempio un rinnovo contrattuale nel quale non si diano aumenti in denaro ma azioni. Avere qualcuno di noi nel cda e nel collegio sindacale, comunque, sarebbe l’unico modo per evitare nuovi predatori».
«Il fabbisogno finanziario sarà tutto coperto dai partner» mette in chiaro l’advisor di questa operazione, Leonardo Loprete, ex amministratore delegato di Sviluppo Italia Calabria e, prima ancora, direttore finanziario della Cit, la Compagnia italiana turismo, allora di proprietà delle Fs, che specifica: «La disponibilità dei dipendenti a diventare azionisti è fondamentale per convincere gli investitori che chi lavora all’Alitalia crede veramente nella sua resurrezione». (Alessandra Gerli)