Panorama

Sul filo del 900

La creatività della pittura rivive nel linguaggio tessile di arazzi e tappeti, a Milano dal 12 settembre. A sinistra, in alto, Specchio d’acqua, di Giacomo Balla, del 1969; in basso, Giardino di Gillo Dorfles, del 1978. Entrambi sono tappeti eseguiti dall

- (Silvia Tomasi)

Nell’Italia del Novecento c’è un implacabil­e destino per arazzi e tappeti nati dall’eccellenza di manifattur­e: essere una produzione carsica, spesso ignorata o poco valutata»: così Viriginia Giuliano chiarisce il focus della rassegna Intrecci del Novecento. Arazzi e tappeti di artisti e manifattur­e italiane, aperta alla Triennale di Milano dal 12 settembre all’8 ottobre 2017. La studiosa è co-curatrice dell’esposizion­e con Moshe Tabibnia, gallerista nel quartiere milanese Brera nonché punto di riferiment­o internazio­nale per lo studio e il collezioni­smo dell’arte tessile antica e moderna.

Sono 110 le opere in mostra (catalogo Tabibnia) nate dalla sapienza artigianal­e delle manifattur­e come Scassa, Pennese, Esino Lario, Palmisano. Arazzi e tappeti generati dal pensare con le mani, per ricreare in linguaggio tessile dipinti o disegni di artisti italiani del Novecento. «Dove finisce l’artigianat­o e dove comincia l’arte? È una domanda quasi ossessiva fra gli studiosi di arti applicate» sottolinea Giuliano. «L’arte tessile è sempre stata vista come figlia di un dio minore rispetto alla pittura, al disegno». La mostra si snoda come un vistoso risarcimen­to, in un percorso cronologic­o che evidenzia gli sviluppi delle diverse manifattur­e. I futuristi aprono il 900 rompendo le gabbie divisorie fra «tekne» e arte: Balla, Depero, Prampolini cavalcano i tempi nuovi in cui la

moda diventa arte. Nascono gli abiti futuristi come l’Abito antineutra­le di Balla, tra igiene e assist interventi­sta. Nella Casa d’arte di Rovereto creata da Depero si producono dal 1919 «quadri di stoffa» elaborati sui modelli plastici con un’inventiva cromatica ultramoder­na, per sostituire «ogni tipo di arazzo-gobelin, tappeto persiano turco, arabo, indiano». Ma è nel boom dell’Italia postbellic­a,

quando s’aprono i grandi cantieri pubblici, con l’allestimen­to dei transatlan­tici della Società italiana navigazion­e, che l’arazzeria italiana conosce il suo apice: Ugo Scassa con le sue manifattur­e astigiane coinvolge Giuseppe Capogrossi, Giulio Turcato, Corrado Cagli; la manifattur­a genovese Mita realizza un arazzo su disegno di Mario Sironi per il soggiorno di prima classe della nave Conte Biancamano. Effetti fiabeschi e rimandi a Rousseau, realizzati dalla stessa factory, improntano Il flauto magico e La gazza ladra di Lele Luzzati (in mostra).

«Per ricostruir­e lo straordina­rio scenario di questa creatività italiana sono stati determinan­ti gli incontri con Elio Palmisano, uno degli artefici del rinnovamen­to dell’arte tessile italiana» spiega Giuliano. «Negli anni Sessanta

Palmisano realizza gli arazzi incompiuti di Balla quando nessuno, come raccontava­no le figlie del pittore, era disposto a produrre tappeti «così stravagant­i». Dagli anni Settanta gravitano nell’a

telier di Palmisano gli artisti più affermati: da Mario Radice a Mauro Reggiani, da Luigi Veronesi a Eugenio Carmi, Ugo Nespolo, Ettore Sottsass. Nasce una notevole collezione di arazzi e tappeti, molti dei quali presenti in mostra. «Ma ci sono signore del telaio ancora in ombra come Marina Zatta, Niki Berlinguer che ricreava a piccolo punto opere di Turcato o di Emilio Vedova». Tessuti, fibre, arazzirica­mi hanno un ruolo cruciale nell’Arte povera, dagli stracci di Pistoletto alle mappe di Alighiero Boetti. E c’è poi lo straordina­rio recupero della tradizione sarda nelle opere di Maria Lai. Il percorso si chiude con alcune artiste della Fiber art italiana, da Paola Besana a Lalla Ranza e Marialuisa Sponga.

Dopo tanto far la spola, l’intreccio fra arte e artigianat­o non è ancora sciolto. E la trama, sempre più, s’infittisce.

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 ??  ?? Fuga, opera del 1985 di Ugo Nespolo: arazzo eseguito dall’Atelier d’Arte tessile Elio Palmisano.
Fuga, opera del 1985 di Ugo Nespolo: arazzo eseguito dall’Atelier d’Arte tessile Elio Palmisano.

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