Panorama

I trafficant­i ricercati a Trapani sono quelli che garantisco­no lo stop agli sbarchi

- (F.B.)

Il 26 giugno un agente sotto copertura italiano infiltrato sulla nave Vos Hestia dell’organizzaz­ione umanitaria Save the children, al largo della Libia, fotografa in primo piano tre trafficant­i di esseri umani giunti sotto bordo con un gommone. Gli scafisti avvisano in arabo il personale della Ong di tenersi pronti perché «sta arrivando gente». Dopo un po’ compaiono diversi barconi con centinaia di migranti recuperati dalle navi umanitarie e da un’unità della nostra guardia costiera, che li fa sbarcare tutti in Italia. Panorama ha portato in Libia la fotografia dei trafficant­i allegata agli atti della procura di Trapani sul sequestro della nave Iuventa dell’Ong tedesca Jugend Rettet, per favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a. I tre, scafisti di medio livello, sono stati riconosciu­ti da una fonte libica, che parla in cambio dell’anonimato perché teme per la sua vita. Panorama ha deciso di scrivere solo le iniziali riservando­si di comunicare i nomi dei trafficant­i alla procura di Trapani. Se la pista fosse confermata potrebbe essere utile alle indagini. Il trafficant­e in mezzo sarebbe Al F. al D., cugino di Al Ammu, lo «zio», il capo delle milizie più forti di Sabrata che garantivan­o protezione agli scafisti in cambio di un pizzo (fino a 10 mila dollari a barcone). Quello a sinistra sarebbe I. M. e a destra A. al D., altro parente dello «zio». Il paradosso della Realpoliti­k è che in luglio il potente capo clan, Ahmed al Dabbashi, ha stretto un accordo con il governo di Tripoli, governo fortemente appoggiato dall’Italia, per fermare i migranti. Diverse fonti libiche sostengono che c’è stato anche un incontro con emissari italiani. Lo stesso Al Ammu ammette l’accordo con l’esecutivo di Fayez al Serraj sullo stop ai barconi e un’integrazio­ne delle sue milizie nel ministero della Difesa in cambio di «equipaggia­mento e una ripulitura dei reati del gruppo». In pratica un’amnistia, che cozza con l’inchiesta della procura di Trapani sui trafficant­i immortalat­i nella foto che farebbero parte del clan Dabbashi. Lo «zio» ha detto che «la storia dei soldi ricevuti dall’Italia sono solo voci». Il suo portavoce, Bashir Ibrahim, sottolinea che salari, barche e macchine della polizia sono arrivati dal governo di Tripoli, sostenuto anche finanziari­amente da Roma. In agosto si è registrato il crollo degli arrivi in Italia, meno 86 per cento rispetto all’anno precedente. La Farnesina smentisce qualsiasi contatto con lo «zio»: «Il governo italiano non tratta con i trafficant­i», ma lo fa l’esecutivo libico nostro alleato. Sembra lo stesso copione utilizzato per negare il pagamento dei riscatti per gli ostaggi sequestrat­i in giro per il mondo. I dati raccolti da Panorama sul terreno confermano l’esistenza di un accordo (leggi articolo principale) appoggiato segretamen­te dall’Italia. L’agenzia stampa Associated press sostiene che lo stesso Ibrahim, portavoce delle milizie di al Ammu, ha parlato di «un accordo verbale» raggiunto con gli italiani e il governo di Tripoli per fermare le partenze dei barconi. «La tregua reggerà» dice Ibrahim «se continuerà l’appoggio alle nostre brigate. Altrimenti non saremo in grado di fermare il traffico», che riprenderà il mare verso l’Italia.

 ??  ?? L’immagine, che Panorama ha consegnato alla Libia, mostra i tre trafficant­i sul loro gommone. Il clan Dabbashi
L’immagine, che Panorama ha consegnato alla Libia, mostra i tre trafficant­i sul loro gommone. Il clan Dabbashi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy