Quel «corridoio sciita» fino al Mediterraneo
L’Iran si sta aprendo un varco che gli consentirà un passaggio strategico. E sono in molti a temerlo.
Con un’operazione-lampo il rais siriano Bashar al-Assad riconquista l’Est della Siria e si trova a un passo dalla vittoria nella guerra civile. Un successo militare che è soprattutto iraniano e potrebbe portare alla costituzione del temuto «corridoio sciita», che andrebbe da Teheran al Mediterraneo. Un progetto tanto sognato dagli ayatollah quanto temuto da Israele, Arabia Saudita e Usa, potenze che si sono alleate per contendere all’Iran sciita la leadership in Medio Oriente. Non a caso, il 19 settembre il presidente Donald Trump ha definito all’Assemblea Onu l’Iran «un regime omicida» e l’accordo sul nucleare un «imbarazzo».
Inizialmente l’idea era di costituire quest’«autostrada sciita» a Nord, passando da Mosul, Raqqa e infine Damasco, ma le forze curde appoggiate dagli americani lo hanno impedito. A quel punto Assad e gli iraniani hanno puntato su un percorso più a Sud, partendo da Damasco, per poi passare da Palmira, Deir Ez-Zor, fino al confine con l’Iraq e a Baghdad. Ora Washington spinge i curdi a occupare per primi l’area di Deir Ez-Zor, per ostacolare il piano sciita.
L’Iran ha approfittato delle guerre civili in Siria e Iraq per rafforzare l’influenza e allargare la presenza militare nell’area, con l’invio e l’addestramento di milizie sciite da parte dei Pasdaran, sul modello degli Hezbollah libanesi. Così Teheran ha preso il sopravvento su tutta la fascia settentrionale del mondo arabo, tanto che il leader Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha proclamato la vittoria in Siria: «Abbiamo vinto la guerra, resta solo qualche battaglia sparsa».
Israele invece continua a far pressioni su Mosca e Washington affinché limitino la presenza iraniana vicino ai suoi confini settentrionali, e lancia moniti. L’ultimo quello del ministro della difesa Avigdor Lieberman: ha consigliato «ai nostri vicini a Nord» di non «metterci alla prova e di non lanciare minacce, perché noi le prendiamo molto sul serio». Le preoccupazioni dello Stato ebraico sono fondate, conferma a Panorama il generale Carlo Jean, docente di Studi strategici alla Luiss Guido Carli di Roma. Motivo: «Si sta già realizzando la cosiddetta Mezzaluna sciita ed Hezbollah avrà una via terrestre per rifornirsi di armi e ottenere rinforzi dai suoi alleati, aggirando le vie marittime e aeree bloccate da Israele».
Il corridoio sciita preoccupa pure la Turchia. Per la dottrina neo-ottomana di Recep Tayyip Erdogan, il Nord dell’Iraq e la Siria sono di influenza turca. Le sua truppe sono già entrate nel Nord della Siria e e si preparano a intervenire nella provincia di Idlib e forse al confine con il Kurdistan iracheno, a un passo dall’indipendenza. Sulla vicenda ha preso posizione pure il solitamente cauto Economist: «L’America dovrebbe spingere di più i suoi alleati a occupare i posti di frontiera orientali della Siria, prima che vi arrivi Assad con i suoi alleati, per impedire all’Iran di creare un corridoio da Teheran a Beirut, che potrebbe sfruttare in futuro». Il settimanale conclude scrivendo che solo così gli Usa potrebbero «frenare l’influenza dell’Iran». ( Chiara Clausi - da Beirut)