L’Africa alla Cernobbio del Mediterraneo
Al via la sesta edizione di Blue sea land, l’Expo internazionale dei distretti agroalimentari. L’evento, di cui è media partner, si svolgerà dal 28 settembre all’1 ottobre nella kasbah di Mazara del Vallo e sarà focalizzato sul modello di sviluppo del Con
Imaggiori esponenti italiani della vita politica concordano: bisogna aiutare i migranti a trovare lavoro e vita a casa loro. Tutti riscoprono l’Africa come terra ricca di risorse naturali, umane e con enormi potenzialità di sviluppo. Per me, che da molti anni giro per l’Africa, questa non rappresenta una novità. Anzi. Insieme a un gruppo di studiosi, economisti, sociologi, scienziati del mare e della terra di varie nazionalità, facenti parte dell’Osservatorio della pesca del Mediterraneo, da oltre dieci anni abbiamo posto il tema Africa e Mediterraneo in agenda. Una digressione: in fondo le macroscopiche contraddizioni africane (ricchezza di risorse e miseria, grandi potenzialità e sottosviluppo, violenza e solidarietà) somigliano molto, mutatis mutandis, a quelle di un altro «continente»: la Sicilia. Fingere che non sia così è un errore culturale e politico che la classe dirigente italiana ha commesso nel corso della storia.
Torniamo all’Africa. Oggi c’è una nuova consapevolezza a tutti i livelli: creare impresa, sviluppo e lavoro nel continente nero. Sì, ma come? Il rischio del solito mordi e fuggi, che l’Africa ha tristemente conosciuto è dietro l’angolo. L’Osservatorio da molti anni studia insieme agli stakeholder africani un modello di sviluppo da inseminare in Africa: il distretto produttivo. Sarebbe ipocrita non dire che la politica italiana per debolezza e ignavia si è piegata agli interessi delle grandi lobby, negando la «cittadinanza» al suo naturale motore di sviluppo legato ai territori, al genius loci, alle competenze, all’innovazione.
I Distretti produttivi e neo-agricoli, cambiando pelle, tuttavia hanno resistito. Oggi l’Italia ha l’opportunità di rigenerare in Africa i suoi distretti, «laboratori» di competizione e cooperazione dove l’uomo e l’impresa sono al centro. E la scuola e i saperi sono il loro carburante. I distretti siciliani, molti dei quali fatalmente legati alla terra e al mare (agrumi, cereali, ficodindia, olio, vino, lattiero caseario, dolce, hi-tech, pesca, nautica eccetera) sono proiettati nella dimensione mediterranea e africana. E hanno coltivato per primi le regole della green e blue economy e dell’economia circolare.
I cluster oggi hanno le carte in regola: sono soggetti ideali per approdare in Africa con pragmatismo ed efficacia. Ma ad alcune condizioni. L’Europa deve scegliere la Sicilia quale hub per il Mediterraneo e ponte verso l’Africa. L’Italia e la Sicilia devono sfruttare il grande potenziale dei distretti e la Sicilia quale avamposto per «penetrare» nel continente africano, generando cooperazione. Il tutto per valorizzare la più potente e strategica risorsa comune: il mare, cui Sicilia e Africa hanno erroneamente voltato le spalle. È da qui che si riparte.
Dal 28 settembre all’1 ottobre l’Osservatorio, i distretti, le maggiori agenzie internazionali (Fao, Crpm, Upm, Ifad, Banca mondiale, Agenzia per la cooperazione) insieme agli «stakeholders» africani, assieme alla Regione Siciliana e al ministero degli Esteri, si danno appuntamento a Blue sea land, nella kasbah di Mazara del Vallo (la Cernobbio del Mediterraneo). Per sostenere caparbiamente lo sviluppo di un percorso di sviluppo nel dialogo e nella pace.