Amo il fané, aspetto i droni taxi
Adora gli hotel coloniali, il cibo asiatico e sogna di spostarsi su navicelle metropolitane con pilota automatico. Indirizzi, visioni (non comuni) e passioni dell’architetto Massimiliano Locatelli.
Da piccolo» racconta «volevo diventare re. Cambiai idea un giorno che una commessa di un supermercato mi chiese, a bruciapelo, cosa volessi fare da grande. Le risposi: il papa, suscitandone l’ilarità. Eppure ero serio». Non è diventato né l’uno né l’altro, naturalmente, ma qualcosa di regale, o di papale, Massimiliano Locatelli, architetto bergamasco di base a Milano, PhD alla Columbia University di New York e formazione cosmopolita, ce l’ha davvero. Comincia dall’elegante gestualità e finisce alla sede del suo studio di architettura, il CLS Architetti, allestito magnificamente all’interno della chiesa sconsacrata di San Paolo Converso, a Milano. Un luogo potente per il suo vissuto religioso e per l’attuale cambio di destinazione d’uso. Sulla scia dei desiderata d’infanzia, ha mai fatto un pellegrinaggio? No, mai, però vado spesso in pellegrinaggio laico in Vietnam dove lo studio sta seguendo diversi progetti, tra i quali la costruzione di un supermercato e di un’épicerie di cibi italiani e francesi. Inoltre lì c’è una manodopera che da noi sta scomparendo, quindi molti pezzi della collezione del nostro brand Untitle homewear vengono realizzati in Vietnam. Dove alloggia abitualmente quando si reca in Vietnam? All’albergo Continental di Saigon, di fronte
all’Opera House, il più vecchio della città. Una costruzione coloniale ottocentesca con un grande fascino rimasto intatto nel tempo, nel senso che tutto è così fané. Prendo sempre la stessa stanza, enorme ed elegantissima. Un altro hotel dove le piace ritornare? Senza dubbio il Royal Bombay Yacht Club di Mumbai. Anche questo è un lussuoso hotel coloniale, un luogo speciale dove rivivere i fasti del passato. In ogni caso, mi piacciono gli hotel che ti fanno sentire integrato nel territorio dove ti trovi e non
quelli con un format uguale in ogni latitudine. I suoi ristoranti preferiti invece? In genere sono un abitudinario, mangio sempre le stesse cose, soprattutto a colazione. Quindi segnalerei i due ristoranti dove vado quando sono in giro: Spago a Los Angeles e il suo primo concorrente a New York, che si chiama Mr Chow, sulla 57esima. Invece, in Europa, direi Tan Dinh in rue Verneuil a Parigi, un classico vietnamita. Ripetere i riti quando viaggio mi fa sentire a casa. Le piace fare shopping? Mi piace farmi confezionare camicie e a volte anche abiti dai sarti asiatici, bravissimi a riprodurre ciò che si desidera. Inoltre adoro comprare spezie, a cominciare dal pepe e dal tè, soprattutto quello al carciofo. Oppure acquisto salse, tipo la fish sauce. Senza contare tutto ciò che compro per fare ricerca, per esempio utensili di uso quotidiano fatti a mano. La sua lounge preferita? Quella di Singapore Airlines. Mete, magari più banali, dove le piace recarsi non ce ne sono? Ma certo, la Grecia con le sue meravigliose isole dove ho trascorso le mie vacanze quest’estate, in barca. Cosa sta leggendo ultimamente? Sono un pessimo lettore, in aereo dormo e generalmente riesco a terminare due pagine e poi crollo. Mi sto però appassionando a Le lacrime di
Nietzsche, di Irvin Yalom ambientato nella Vienna fin de siècle, quando la psicanalisi cominciava a fare capolino. Segue i social media? Mi piace Instagram perché è un contatto con gli amici e un occhio sul mondo. Credo nella tecnologia, al di là dei social media. La sua fantasia tecnologica? Il drone taxi con pilota automatico. Ha una sua colonna sonora? Il mio mondo è senza musica perché da piccolo sono stato costretto ad ascoltare quella classica e a suonare il pianoforte. In generale non mi piacciono i luoghi pubblici con la musica. Mi sta dicendo che non è mai andato in discoteca? In verità ho frequentato il Baby Grand lounge di New York e mi piace la deejay italiana Stefania Pia che lì metteva la musica e che ora arriva anche in Italia. n