Panorama

Piombino Il patto d’acciaio èrisultato di latta

Il flop dell’algerino Issad Rebrab, incensato da Renzi e dalla sinistra toscana, sta paralizzan­do gli impianti siderurgic­i toscani da anni a caccia di un rilancio. Adesso il governo vuol ripiegare nell’indiano Sajjan Jindal, ma l’accordo deve arrivare ent

- di Silvio Alessandri

L’ultimo gong per Issad Rebrab suonerà il 31 ottobre. L’imprendito­re algerino, 73 anni, che attraverso Cevital, la finanziari­a di famiglia, controlla Aferpi, la società che nel 2014 ha rilevato gli asset della ex Lucchini, in amministra­zione controllat­a, non ha mantenuto gli impegni presi. Le acciaierie di Piombino, secondo polo siderurgic­o d’Italia, sono praticamen­te ferme. Da tre anni. L’ultima colata risale al 24 aprile 2014 e l’altoforno si è spento tra le lacrime di molti operai.

Il piano di Rebrab, uno degli imprendito­ri più ricchi del continente africano, era molto ambizioso: riaccensio­ne dei forni per la produzione dell’acciaio entro la fine del 2018 e lavoro per oltre 2 mila dipendenti. Altre mille assunzioni Rebrab le ha promesse nel settore agroindust­riale con la costruzion­e a Piombino di due piattaform­e per l’imbottigli­amento e lo stoccaggio di succhi di frutta e di uno zuccherifi­cio a Cecina. Un piano che fece esultare l’allora premier Matteo Renzi che definì, quella di Rebrab, come «un’acquisizio­ne strategica».

Non fu l’unico a incensare l’impren

ditore algerino. «È nata Aferpi, è nata la stella del Mediterran­eo», esclamò il sindaco Massimo Giuliani. Gli fece eco il governator­e della Toscana Enrico Rossi: «Grazie a un imprendito­re nordafrica­no possiamo salvare migliaia di lavoratori toscani: Issad Rebrab, che viene dalla bella Cabilia, è oggi un grande imprendito­re italiano». E Rossi, pisano, ricordò a Rebrab il viaggio che nelle sue terre fece, nel 1100, il conterrane­o Leonardo Fibonacci , gran matematico.

Piombino, che una volta, come ricorda

lo storico Rossano Pazzagli, era «la piccola Manchester della Maremma», tirò un sospiro di sollievo. Le Acciaierie, un vanto di Piombino, occupavano fino agli inizi degli anni ’90 oltre 8 mila persone. Poi la crisi e nel 1992 l’allora Italsider venne privatizza­ta e passò dallo Stato a Lucchini. Che però entrò in crisi e le Acciaierie nel 2005 passarono al gruppo russo Severstal.

È l’inizio di una lunga agonia. I dipendenti progressiv­amente calano a2 mila circa e, nel dicembre del 2012 la società chiederà al ministero dello Sviluppo economico di essere ammessa all’amministra­zione controllat­a. Richiesta accolta dal ministero che nominò come commissari­o Piero Nardi. Poi l’arrivo di Rebrab con i suoi piani sontuosi, finché nel giugno scorso, stanco per le continue inadempien­ze di Aferpi, il governo ha imposto un «addendum» al contratto firmato nel 2015 che prevede una rimodulazi­one degli obblighi assunti dall’imprendito­re algerino, di cui il primo step doveva essere la ripresa dell’attività di laminazion­e per le rotaie entro lo scorso agosto. Successiva­mente entro la fine di ottobre, sempre di quest’anno, Aferpi deve individuar­e una partnershi­p per la parte siderurgic­a oppure in alternativ­a presentare un piano industrial­e con l’indicazion­e dettagliat­a delle fonti di finanziame­nto.

Ma a oggi l’«addendum» è stato disatteso. La ripresa dell’attività, prevista per fine agosto, non c’è stata. Il flop, che secondo Rebrab è dovuta all’ostilità politica del premier algerino Abdelaziz Bouteflika e delle banche italiane, continua. Con una novità, però. Il commissari­o Nardi e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno perso la pazienza e hanno deciso di mettere nell’angolo Rebrab. Nardi ha inviato a Cevital la lettera di messa in mora e Calenda ha intonato il de profundis: «La mancanza di attendibil­ità degli impegni assunti da Cevital sono difficilme­nte accettabil­i e superabili. Per questo ritengo sia prossimo il momento di ricercare soluzioni alternativ­e».

E ora? In attesa del gong di fine ottobre, fervono le trattative con l’indiano Sajjan Jindal, che tre anni fa perse la sfida con Rebrab perché avanzò un piano che prevedeva solo 700 posti di lavoro. Questa volta Jindal, a capo del secondo gruppo siderurgic­o indiano dopo aver perso anche la partita dell’Ilva, punta deciso su Piombino in cordata con il gruppo Arvedi, la Delfin di Leonardo Del Vecchio e la Cassa Depositi e Prestiti.

Due le opzioni in campo. La più semplice: accordo tra Cevital e Jindal. Cevital pare però che abbia sparato una prima richiesta di 150 milioni. Troppi per Jindal. L’altra opzione, in caso di mancato accordo, prevede da parte del commissari­o Nardi la rescission­e del contratto per inadempien­za. E l’indizione di una nuova gara con il ritorno, come nel gioco dell’oca, alla casella di partenza, al dicembre 2014. Come richiesto anche da Antonio Gozzi, presidente di Federaccia­i, che ha definito l’algerino Rebrab «un principian­te privo di credibilit­à».

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La protesta degli operai di Aferpi contro la proprietà algerina.
 ??  ?? PROMESSA 1 I lavoratori di Piombino che dovevano tornare in fabbrica.
PROMESSA 1 I lavoratori di Piombino che dovevano tornare in fabbrica.
 ??  ?? Issad Rebrab, 73 anni, l’imprendito­re algerino che finora ha disatteso gli impegni a Piombino.
Issad Rebrab, 73 anni, l’imprendito­re algerino che finora ha disatteso gli impegni a Piombino.
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L’impianto siderurgic­o di Piombino: l’ultima colata è avvenuta nell’aprile 2014.
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Nuove piattaform­e realizzate a Piombino, dovevano impiegare mille persone nei derivati della frutta.
PROMESSA 2 Nuove piattaform­e realizzate a Piombino, dovevano impiegare mille persone nei derivati della frutta.

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