Se fossimo in Francia diremmo: «merde »
Giuliano Ferrara interpreta con humor tagliente le vicende politiche italiane. Dove le stralunate trattative tra Cinque stelle e Lega hanno tenuto banco per più di due mesi.
«De quelques côté qu’on pose les pieds on marche sur la merde». Lo scriveva Gustave Flaubert a Louise Colet, da Croisset, nella notte del 29 gennaio 1853. Tanti anni dopo un filosofo interessante, Galen Strawson, formatosi a Oxford e ora all’Università di Austin, Texas, ha pubblicato sulla London Review of Books una sua poesia, After
Flaubert, che vale la pena conoscere nella sua attenta versificazione originale. merde en croûte, merde en daube, merde du pays, merde d’antan. merde de province, pâté de merde, folie de merde, (merde boulangère). merde Chantilly, merde de Paris, merde anglaise, putain de merde. merde longue durée, merde d’occasion, merde maison, merdorama! merde d’Auvergne, merde de Brest, merde de souche, merde magnanime. merde marinière, merde montagnarde, merde de joie, merde du jour. merde comprise, merde maternelle, confit de merde, merde à l’ancienne. merde de ma tante, merde vierge extra, merde de chez nous, la grande merde. la sainte merde, la merde perdue, la merde c’est moi, vive la merde! ( After Flaubert, di Galen Strawson, dalla London Review of Books, 8 marzo 2018)
Eccoci qui, sono passate otto settimane dalle ele
zioni italiane e per descrivere la situazione, con meticolosa precisione, non trovo di meglio che questo menu gastronomico e paesaggistico, scritto con brio e venuto di lontano. Il settantanove per cento aveva votato per cambiare il centrodestra tradizionale e metterlo in mano a Matteo Salvini, merde, e per insignire dei titoli di Stato uno sprovveduto «capo politico» di un movimento di protesta non-politico, dotato di un non-statuto, irridente verso le istituzioni e fuori della Costituzione per via del legame contrattuale all’obbedienza, imposto ai suoi candidati, pena una forte ammenda, merde. Il settantanove per cento ha votato per un reddito senza lavoro già scomparso di programmi, cambiati con un clic, per lo smantellamento delle riforme sociali e di mercato riguardanti il lavoro e le pensioni, per l’espulsione non-si-sa-come di centinaia di migliaia di immigrati, per la promozione degli ignoranti al governo a scorno delle élite, merde.
Era sembrato giusto, per tempo e senza ulteriori
perdite di tempo, spiegare a questi buzzurri come si fa a dare corso alla volontà sovrana dell’elettorato, del popolo addirittura, merde. Visto che nessuno dei due aveva la maggioranza, il governo doveva essere presieduto da un terzo, un notabile senza truppe e con qualche cognizione di causa, e i ministri dovevano essere Salvini all’Interno e Di Maio all’Economia, ovvio, con il voto di una maggioranza del settantanove per cento dei parlamentari. Ci hanno messo tanto noioso calendario di scemenze per arrivare forse forse a questa stessa conclusione, troppo tardi, ma dopo inaudite sceneggiate che notisti politici caritatevoli hanno voluto paragonare alle grandiose trattative di una volta nella Repubblica dei partiti e della proporzionale, e in vista di un balneare pre-voto a quanto pare, merde.
Ecco, la Repubblica dei grillozzi e dei leghisti ha indotto persone ordinarie e di ordinaria sincerità politica ad augurarsi la formazione di un governo dello scombussolo e della confusione più bestiale, merde, e a dover constatare che nemmeno quello, con cotale maggioranza, i leader erano in grado di fare. Che cosa volete analizzare? Merde, alors. Ma di tutti quei versi va trattenuto a futura memoria il penultimo.