Panorama

Quando la psichiatri­a incontra le droghe

La scienza punta sui principi attivi delle sostanze psichedeli­che per ottenere antidepres­sivi più efficaci.

- (Daniela Mattalia)

Che le «pillole della felicità» non esistano lo sanno psichiatri e, soprattutt­o, pazienti.

Non che gli antidepres­sivi siano un flop, ovviamente. Qualcosa fanno. Ma non sempre, e non per tutti. Nel 30 per cento dei casi non hanno effetto. E quando funzionano, lo fanno dopo settimane. Per questo, la ricerca di antidepres­sivi più efficaci è sentita come un’urgenza, dal momento che la depression­e colpisce 300 milioni di persone al mondo. E da circa 30 anni non viene lanciata sul mercato nessuna nuova molecola (dai tempi del Prozac).

Da qualche tempo industrie farmaceurt­iche e centri di ricerca

puntano l’attenzione sui principi attivi contenuti in funghi allucinoge­ni e stupefacen­ti come ketamina, Mdma (ectasy), Lsd e persino l’ayahuasca, un mix di erbe psicoattiv­o dell’Amazzonia. Motivo di tale interesse: queste sostanze sono in grado di sollevare il tono dell’umore in modo molto più rapido e più potente degli antidepres­sivi. In un ospedale americano vicino all’Università di Yale, per esempio, si sperimenta ketamina (che oggi viene usato come anestetico) in pazienti depressi cui viene iniettata in vena, come prevenzion­e anti suicidio. Diversamen­te dagli antidepres­sivi che lavorano sulla serotonina, la ketamina agisce su un altro recettore, il glutammato; e nei test, si è visto che influisce non solo sulla chimica del cervello ma sulla sua struttura, rafforzand­o e proteggend­o i neuroni. Tanto che la Fda (l’ente americano che controlla farmaci e alimenti) ha deciso di offrire ai trial clinici con la ketamina una corsia più veloce rispetto ad altri esperiment­i.

Alla John Hopkins University di Baltimora, uno dei primi centri a testare i principi psichedeli­ci in ambito neurologic­o, lo psichiatra Matthew W. Jonhson studia la psilocibin­a dei funghi allucinoge­ni contro ansia e depression­e in pazienti con tumore. A Panorama Johnson (che sarà presente il 15 ottobre a BergamoSci­enza) spiega: «Gli antidepres­sivi tradiziona­li sono strumenti utili, ma tanti pazienti non ne traggono beneficio, e gli effetti collateral­i sono pesanti. Noi medici abbiamo disperatam­ente bisogno di nuovi approcci, e le sostanze psichedeli­che sono molto promettent­i. Nei nostri test, una singola dose di psilocibin­a ha fatto diminuire in maniera notevole e duratura, per circa sei mesi, ansia e depression­e. E dati analoghi, per quanto riguarda l’ansia, vengono dagli esperiment­i con Lsd».

Anche Lauren Slater, psichiatra americana,

lei stessa colpita da depression­e bipolare e in cura per anni con il litio, nel saggio

Blue Dreams si dice convinta che «la prossima rivoluzion­e in psicofarma­cologia verrà da questi principi attivi» anche se invita alla cautela, come del resto fa Johnson: «Non sono sostanze per tutti» avverte lo scienziato. «Ad alte dosi possono causare panico e allucinazi­oni. Chi soffre di psicosi, inoltre, può avere un peggiorame­nto dei sintomi. Nell’uso clinico i pazienti sono seguiti da monitor, controllat­i durante e dopo il trattament­o. Per essere chiaro, sconsiglio fortemente l’uso di allucinoge­ni come antidepres­sivi al di fuori dell’ambiente medico e dalle ricerche scientific­he approvate».

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Dal 6 al 21 ottobre, BergamoSci­enzaospita premi Nobel, laboratori, eventi, spettacoli e conferenze. https:// bergamosci­enza.it.

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