Charles, che voleva morire cantando
Nella sua ultima intervista, rilasciata quest’estate, il leggendario chansonnier francese Aznavour, scomparso il 1° ottobre a 94 anni, parlava di seduzione, di matrimonio, degli inizi della sua carriera, del desiderio di esibirsi fino a 100 anni. E quasi ci è riuscito...
Non sono un dio dell’amore» insiste Charles Aznavour, il cui sguardo caldo e acuto assume improvvisamente un’espressione seria. «Mi chiamano così, eppure non sono mai stato innamorato più di qualunque altro uomo…» afferma con un sorriso timido. «Ma sicuramente neanche meno. Non è neppure vero che canto solo canzoni d’amore. L’amore c’è nelle mie canzoni, però a volte giusto nell’ultimo verso» sospira l’esile cantautore, accomodato nel suo completo di tweed su una maestosa poltrona della suite di un hotel nel cuore di Londra, mentre aggiunge: «A essere sincero, trovo alquanto noiose le canzoni “ti amo, mi ami”. “Caresses”... “promesses” sono rime banali e inflazionate. Preferisco cercarle altrove».
Il fatto che i molti insistano a etichettarlo come crooner (cantante di musica leggera) romantico lascia da sempre sconcertato questo novantaquattrenne
franco-armeno. Poco importa se lui, appena un metro e 60 centimetri di altezza, uno degli chansonnier francesi più famosi, sia stato soprannominato il «folletto dell’amore». O se il suo brano del 1974
She, un grande successo in nove paesi, sia stato oggetto di cover in tutto il mondo (la più famosa è sicuramente la versione di Elvis Costello nella colonna sonora del film Notting Hill). Se For Me Formidable sia un capolavoro in cui un francese cerca di dire alla sua amata inglese, nella lingua di Shakespeare, che lei è «for me, formi, formidable».
O ancora se, quando a maggio «le
Petit Charles» è tornato alla Royal Albert Hall di Londra, la platea era piena di coppie dagli occhi umidi estasiate dalla persistente ricchezza della sua voce. Aznavour afferma che preferirebbe essere ricordato «come un autore di canzoni intelligenti e acculturate piuttosto che di canzoni d’amore».
Probabilmente verrà ricordato per essere stato entrambe le cose e per molto altro. Dopotutto, nel corso della sua carriera, iniziata nel 1933 all’età di nove anni sul palco di un cabaret parigino, il figlio di un ristoratore armeno e di un’attrice ha pubblicato 294 album, venduto più di 100 milioni di dischi ed è stato nominato Entertainer of the Century dal Time, oscurando sia Elvis che Bob Dylan.
Nelle oltre 1.200 canzoni da lui scritte, Aznavour ha trattato tutti i temi, dai più tradizionali come l’amore, il pentimento, la delusione e l’infedeltà, a quelli che nessuno tranne lui oserebbe toccare. Ha dedicato canzoni ai feroci critici che, all’inizio della sua carriera, hanno infierito su di lui definendolo «troppo piccolo, troppo brutto e senza talento» ( La critique), all’omosessualità ( Comme ils disent) e a Daniel Pearl, corrispondente del Wall
Street Journal assassinato in Pakistan da estremisti islamici nel 2002 ( A living death).
«La politica non mi interessa per niente. Sono le tematiche e i problemi della gente che mi stanno a cuore» spiega «e mi piace trovarli nei libri e nei giornali, ma non nelle altre canzoni. Per questo a volte uso parole molto strane. In un pezzo ho usato le parole “cellulite” e “ascella”: “mi piace l’odore delle tue ascelle”. Mia moglie mi disse: “Non puoi scrivere una cosa del genere!”. Ma io voglio scoprire la verità della vita. Penso che siano queste le verità che toccano le persone».
Ogni volta che Aznavour nomina la moglie Ulla, 77 anni, assume un’espressione di beatitudine quasi religiosa. «Sono finito esattamente con la donna che ho sempre voluto avere» sussurra, quando gli chiedo com’è potuto durare un tale livello di passione. «Una bionda con gli occhi chiari e la pelle morbidissima».
Aznavour inarca le folte sopracciglia bianche: «Wow. Lei è di 17 anni più giovane: una differenza notevole. È svedese e protestante, quindi se non le va bene qualcosa, boom! Viene fuori. E con il passare del tempo ho imparato ad apprezzarlo. Il segreto di un matrimonio duraturo è essere completamente spontanei l’uno con l’altra, e dirsi sempre tutto».
Prima di Ulla, Aznavour era stato sposato due volte («La prima ero troppo giovane, la seconda troppo stupido»), ma a parte Liza Minnelli, con cui ha avuto una breve relazione, tutte le donne famose della sua vita sono state solo amiche.
Edith Piaf, quando nel 1946 lo vide ventiduenne cantare in un nightclub di Parigi, lo prese sotto la sua ala e lo invitò a vivere con lei, come parte del suo entourage, per otto anni. «Ma non era il mio tipo; tra noi c’era quella che noi francesi chiamiamo “une amitié amoureuse”. Vuol dire essere affettuosi, amare le stesse cose, a volte abbracciarsi e baciarsi. Ma finisce lì».
Brigitte Bardot è stata una cara amica per anni, e vive nella stessa strada della casa di vacanze di Aznavour a Port Grimaud in Costa Azzurra. «Però, sai, non ci si innamora di qualcuno solo perché è famoso» scherza. «Quello non è amore,
«PERCHÉ DOVREI SMETTERE? PER MORIRE A CASA SEDUTO IN POLTRONA? NO, GRAZIE».
è turismo. A dire il vero, ho un amico pittore che ha fatto un ritratto di Brigitte davvero stupendo. Ne ho anche uno di mia moglie e uno di Marilyn Monroe dello stesso artista».
Quindi conosceva Marilyn? «No» risponde con una vena di tristezza. «Forse se mi avesse incontrato non si sarebbe uccisa. Mia moglie non ha mai pensato al suicidio, nemmeno una volta».
Si è tentati di evocare immagini di Ulla in veste di bionda valchiria che tiene a bada il marito, ma la realtà è un’altra. Educato da genitori severi che gli hanno fatto leggere tutte le opere di Cechov e gli hanno insegnato il metodo Stanislavski, Aznavour è sempre stato un uomo dagli appetiti moderati e con un autocontrollo quasi maniacale.
«Mi fa piacere che lei sia una persona ordinata» osserva nel bel mezzo della nostra intervista, lanciando un’occhiata ai due dittafoni posizionati uno accanto all’altro sul tavolo che ci divide. «Sarei stato quasi capace di allinearli in modo più simmetrico se non l’avesse già fatto lei».
Ha smesso di fumare quando aveva 47 anni («anche se sono nato con una voce roca, quindi non faceva alcuna differenza» dice con un’alzata di spalle, riferendosi indirettamente alle critiche ricevute nei primi tempi, che avevano marchiato il suo tono baritonale raschiante come «terribile»). Ogni giorno legge una pagina dell’enciclopedia e nuota per 340 metri nella sua piscina, indossando una cintura zavorrata per tenersi in forma.
«Inoltre mangio sempre la metà del cibo che ho nel piatto». Beve alcolici? «Solo molto, molto di rado. Ma naturalmente bevo vino e champagne». A dire il vero, confessa, il suo unico vizio è l’Ikea. «Credo sia una delle più belle creazioni del mondo. Pensi, potremmo trasformare completamente questa stanza in tre minuti con l’aiuto di Ikea. Tutti i prodotti sono di ottima fabbricazione e le combinazioni di colori sono fantastiche».
«Com’è iniziata questa storia d’a
more?» domando, quando riacquisto la parola.«Beh, mi sono innamorato di una signora svedese, quindi da lì a Ikea il passo è stato breve».
Liquida con un gesto della mano il suggerimento che avrebbe dovuto scrivere delle canzoni per Ulla. «In vita mia non ho mai scritto una canzone per una donna. Nemmeno il brano She era dedicato a una donna in particolare: l’ho scritto per una serie tv, The
Seven Faces of Woman. Ho intitolato una canzone A ma femme, un’altra A
ma fille, che ho scritto dopo la nascita di mia figlia. Ma quando mi è nata una seconda bambina e la gente ha iniziato a chiedermi: “Scriverà una canzone anche per lei?” rispondevo: “Quella che ho già scritto dovrà bastare per tutt’e due”. Perché cosa significa in realtà scrivere canzoni d’amore per le donne? Dovrei andare a farmi fare un tatuaggio mentre le compongo?».
Il «tour di addio» che ha intrapreso nel 2006 non è mai finito (dopo Londra ha fatto il tutto esaurito negli stadi di Spagna, Germania, Croazia e Belgio) perché è chiaro che Aznavour adora ancora esibirsi davanti a un pubblico. Respinge l’ipotesi, annunciata dal suo stesso management, che quello al Royal Albert Hall sarà in assoluto il suo ultimo concerto ed è fermamente convinto che batterà tutti i record esibendosi in un concerto il 22 maggio 2024, vale a dire il giorno del suo 100° compleanno. Sarà il suo ultimo concerto? «No, no» si acciglia perplesso. «Terrò un concerto in quella data, dopodiché vedremo. Perché dovrei smettere? Per morire a casa seduto in poltrona? No, grazie».