Panorama

«STATE PRONTI, ARRIVA LA DEMOCRAZIA DEL WEB»

La partecipaz­ione digitale alla politica, i rapporti con Di Maio, l’ostilità verso i giornali: intervista a Davide Casaleggio.

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Davide Casaleggio. Veniamo a lei. È figlio di Gianrobert­o Casaleggio, il cofondator­e del M5s. È socio di maggioranz­a della Casaleggio Associati. È presidente dell’Associazio­ne Rousseau. Si dice che detti la linea al Movimento ma nei fatti non si comprende quale sia il suo ruolo all’interno del M5s. Un giornalist­a spagnolo, in un’occasione, ha giustament­e chiesto: «Ma lei, a nome di chi parla». Ecco, ma lei a nome di chi parla? Può chiarire la sua posizione?

Non sono altro che un cittadino italiano che ha dedicato un po’ di tempo al suo Paese e che ha pensato insieme ad altri, e poi donato, una piattaform­a digitale per favorire la partecipaz­ione alla vita politica. Una partecipaz­ione reale. Un giorno sarà possibile immaginare, attraverso l’uso della tecnologia, per esempio la creazione partecipat­a di nuove leggi, la verifica costante dell’operato del proprio rappresent­ante, il bilancio e un’edilizia partecipat­a. Insomma, sarà consentito stabilire se sotto casa nostra vogliamo costruire un parco o una nuova scuola. Io la chiamo cittadinan­za digitale. Una parte della futura piattaform­a svilupperà proprio questa possibilit­à.

Descrive un futuro dove saremo chiamati alle urne permanenti: «Mettiamo tutto ai voti». La democrazia diretta è stata sempre la chimera del pensiero. Chi decide, chi esegue? Si sceglie anche per chi non ha cliccato?

Non è questione del «mettiamo tutto ai voti». Oggi esiste già la possibilit­à scegliere i propri candidati, partecipar­e alle scelte urbanistic­he e di bilancio dei Comuni. Cominciamo da queste e poi nel futuro si valuterà come procedere. Credo, però, che innanzitut­to ci sia un problema di accesso. Chi ha la possibilit­à di partecipar­e, finisce per scegliere. Voi mi chiedete: chi sceglie per chi non ha scelto? Ma io rispondo: fino a oggi quanti hanno scelto per gli altri? Una volta che l’accessibil­ità piena sarà garantita, sarà evidente che chi deciderà consapevol­mente di astenersi perde un’occasione. Il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, è stato scelto con circa 37 mila voti online. La ritiene una partecipaz­ione sufficient­e per indicare l’uomo che oggi è vicepremie­r di una nazione? Prima del Movimento era impossibil­e indicare i propri rappresent­ati in Parlamento. Mi sembra un buon punto di partenza. La interrompi­amo. Il Pd ha sperimenta­to le primarie ed è stato possibile indicare i parlamenta­ri di riferiment­o. Così come i rappresent­anti locali. Nel Movimento sono gli iscritti, che oggi sono oltre 100 mila, a scegliere i parlamenta­ri. Nel Pd le liste vengono decise da tre o quattro persone. Mi pare un metodo molto diverso. Per quanto riguarda i rappresent­anti locali, posso fare un esempio che mi tocca da vicino. A Ivrea, che conosco per ragioni affettive, alla fine delle primarie per scegliere il candidato sindaco del Pd, durante lo spoglio, sono risultate più schede dei partecipan­ti reali. La conseguenz­a è stata che uno dei candidati è uscito dal partito. Più volte il Pd ha criticato il Movimento e il suo sistema di designazio­ne. Mi sembra che siano proprio gli esponenti di quel partito ad avere inteso la partecipaz­ione come marketing e che neppure la applichino dappertutt­o. Chi ci dice che non siano più sicure le loro urne, rispetto ai vostri server? Chi certifica i voti che avvengono su piattaform­a? Alla fine solo voi aprite «le scatole» informatic­he. Non dovrebbe essere un ente terzo a farlo? A proposito di numeri. Un anno fa ha dichiarato che gli iscritti della piattaform­a erano 140 mila. Oggi si è parlato di 100 mila. Sono scesi? Cosa è accaduto? Non puntavate al milione?

Ci siamo affidati a società che hanno certificat­o i processi del voto. Oggi ci appoggiamo anche alla verifica di due notai che sono presenti e che sigillano i risultati. In futuro, a validare le votazioni, basterà il sistema di blockchain. Sarà quello il punto di arrivo.

Oggi sono oltre 100 mila. La ragione è semplice. La nuova legge elettorale fatta contro il Movimento ci ha costretti a ridefinire lo statuto dell’associazio­ne per poter partecipar­e alle ultime elezioni politiche. Le iscrizioni sono dunque ripartite da zero. Nessun mistero. Confidiamo di arrivare entro qualche mese alla cifra che ci siamo prefissi.

Parliamo della piattaform­a. Sappiamo che è stata donata dalla Casaleggio Associati al Movimento. A volte, anche i regali si possono rifiutare. Può il Movimento scegliere un’altra piattaform­a, affidarsi a un’altra società? La offrite. Ma i parlamenta­ri versano una quota di 300 euro al mese per la manutenzio­ne della piattaform­a. In questi mesi, i conti sono facili da fare, sono stati incassati quasi 500 mila euro. Ad alcuni osservator­i questa quota è apparsa come una «cambiale» da pagare per la loro elezione. Possono i parlamenta­ri rifiutarsi di pagarla? Cosa accadrebbe?

I parlamenta­ri hanno accettato di donare questa quota nel momento in cui hanno scelto di candidarsi. È un impegno necessario per portare avanti il progetto in cui loro stessi credono. Grazie a queste quote è possibile garantire gli strumenti che consentono loro di esercitare le loro attività e che li aiutano a comunicare con i cittadini. Non danno a me quei soldi, né tantomeno alla mia società. Da presidente dell’Associazio­ne Rousseau non percepisco alcuno stipendio. E, ci tengo a precisarlo, l’Associazio­ne non ha scopo di lucro.

I «ladri» sono entrati a casa vostra. Nelle scorse settimane la piattaform­a Rousseau è stata bucata dagli hacker. Sono stati diffusi dati sensibili, perfino il numero di telefono di Luigi Di Maio. Era già accaduto in passato. Il Garante della privacy vi aveva ordinato di migliorare la protezione. Evidenteme­nte non è bastato e siete ancora vulnerabil­i. Come è stato possibile, cosa state facendo e cosa risponde.

Non posso negare gli attacchi subiti e abbiamo preso le tutte le misure richieste. Tuttavia faccio notare che attacchi hacker avvengono quotidiana­mente ma che solo quelli alla piattaform­a Rousseau fanno notizia. Molti hanno dimenticat­o che i dati di 400 mila risparmiat­ori di un’importante banca italiana sono stati hackerati. E che dire del ministero degli Esteri spiato per quattro anni? Anche quel presidio è stato violato. Non è un problema solo italiano. Ogni giorno la Nasa è sottoposta a questo tipo di attacchi. La verità è che la sicurezza digitale è un problema globale che diventerà sempre più importante e che riguarda tutti.

Innanzitut­to è un problema vostro.

Un problema che stiamo affrontand­o, che non eludiamo e che ci offre la possibilit­à di portare al centro del dibattito il tema della cybersicur­ezza. Abbiamo fatto investimen­ti sulla sicurezza e ne faremo in futuro. Stiamo studiando nuovi sistemi e con Rousseau Open Academy abbiamo avviato una riflession­e che coinvolge esperti provenient­i da tutto il mondo.

La sede legale dell’associazio­ne è la stessa sede dove ci troviamo. Vale a dire quella della Casaleggio Associati. Lei ritiene che non ci sia un conflitto. Non sarebbe opportuno separare la profession­e dal suo impegno politico?

La mia profession­e è già separata dall’impegno politico. Provvedere­mo a separare anche le sedi, così state tutti più tranquilli.

Si è scritto che la Casaleggio Associati potrebbe trasferirs­i a Roma per seguire da vicino il Movimento. Lo conferma?

È stato scritta ed è una falsità. Una delle tante.

Ha però detto lei, e quindi si è anche scritto, che il Parlamento in futuro sarà superato.

Colgo l’occasione per spiegare nuovamente. Non ho detto, e ripeto non ho detto, che il Parlamento scomparirà. Ho detto che il suo ruolo potrebbe cambiare, potrebbero cambiare la sua forma e la sua modalità di interazion­e con i cittadini. È un processo già in atto, di cui si stanno già vedendo gli effetti.

Cosa ne pensa della squadra di governo? C’è qualcuno che non ha smentito le sue attese?

Stanno tutti facendo il proprio lavoro con grande impegno. Saranno i cittadini a valutare se avranno fatto bene o no.

Non le viene mai la voglia di alzare la cornetta e riprendere il suo amico Di Maio o i parlamenta­ri del Movimento ?

Non è necessario e non è mio compito.

Nel suo libro Tu sei rete scrive che le comunità

Nel 2005 ci affidammo alla piattaform­a Meet Up e per alcuni anni fu sufficient­e. Nel tempo però si creò l’esigenza per il Movimento di avere a disposizio­ne uno strumento innovativo che offrisse anche altre funzionali­tà e fosse in grado di sviluppars­i nel tempo come parte di un progetto più ampio. Così è nata la piattaform­a Rousseau che è modellata sul Movimento e ne è parte integrante.

Ai giornali italiani rimprovero la scorrettez­za. Nei miei confronti sono stati scorretti. Ricordo che per nascondere il bagno di folla di Beppe Grillo a Torino, impaginaro­no la sua foto con lui e accanto solo il cavallo. Tagliarono la piazza. È stato scritto che, qui a Milano, io abbia incontrato Matteo Salvini. Non era vero. Il direttore del giornale mi ha pubblicame­nte dato del bugiardo e non ho ricevuto le scuse. A quel punto ho dovuto procedere per vie legali. Se mi chiedete perché diffido dei giornali italiani, questa è una delle ragioni. I giornali anglosasso­ni, che sicurament­e sbagliano, sanno chiedere scusa.

che funzionano meglio sono quelle composte da 150 persone. È il suo numero perfetto? Anche per il Parlamento?

In quel testo mi rifaccio al numero di Robin Dunbar. È un antropolog­o. Ha dimostrato che 150 è il numero ottimale di persone con cui un individuo può mantenere relazioni sociali stabili. Molte aziende, Gore-Tex tra queste, utilizzano quel numero per ottimizzar­e il proprio modello organizzat­ivo e come conseguent­e unità di misura per tutto, anche per i parcheggi. Il Parlamento non è un’azienda e segue altre regole, quindi questo ragionamen­to non può essere applicato. Certo penso che il numero dei parlamenta­ri vada ridotto.

È vero che avete chiesto ai parlamenta­ri del Movimento di avere le password della loro casella mail?

È falso. Leggete troppo i giornali italiani.

Quante volte sente al giorno Luigi Di Maio?

Non ci sentiamo.

Infatti, vi scrivete.

Ci scriviamo. È più efficiente come modalità.

Ci sembra fin troppo evidente che gli dia suggerimen­ti di natura politica.

Non entro nelle decisioni politiche. Offro il mio contributo, come tutti quelli che partecipan­o a questo progetto, su temi di mia competenza che riguardano la rete, il suo sviluppo, gli investimen­ti. Materie su cui ho scritto e studiato.

All’interno del Movimento sono state più volte agitate teorie inverosimi­li. Non sempre avere la fedina penale pulita è sufficient­e e basta a surrogare la competenza.

E infatti non credo che basti. Non a caso il Movimento ha la percentual­e di laureati più alta di tutto il Parlamento. Ma in Italia è altrettant­o vero che la fedina penale pulita rimane una rivoluzion­e.

Come sono i suoi rapporti con Beppe Grillo?

Ottimi.

Perché è così duro con la stampa italiana? Finora le più forti critiche le avete ricevute dai giornali stranieri. A svelarci il concorso a cattedra del premier Giuseppe Conte è stato il sito Politico.eu, così come del curriculum. Il primo a parlarne è stato il New York Times.

Lei sa chiedere scusa? L’ho fatto.

In queste settimane, si è parlato di copyright e la Ue è passata a legiferare per difendere il diritto d’autore. Voi avete fatto dell’informazio­ne libera e selvaggia una bandiera. Vi piace perché così si accelererà la scomparsa dei quotidiani?

Il tema del copyright è un tema complesso. Se ne parla dal 1700, quando è stato inventato. Il passato ci insegna che difendere a prescinder­e l’esistente non è un buon modo per prepararsi al futuro. Prendiamo Topolino, per difenderlo l’asticella dei diritti è stata spostata sempre più in là: da 50 a 75 a 90 anni. È probabile, molti lo sospettano, che nel 2023, quando scadranno i diritti, si procederà con un’ulteriore proroga. Sono convinto che l’attività intellettu­ale vada remunerata, ma non ritengo che le soluzioni finora proposte siano quelle giuste. Anzi, non esito a definirle come antistoric­he.

Adesso che il Movimento è al governo, ha mai pensato di uscirne e dedicarsi solo alla sua attività di imprendito­re?

Non ho mai pensato di farlo.

Suo padre avrebbe gradito l’alleanza con la Lega?

Sarebbe stato felice di vedere il Movimento al governo, che quel processo iniziato nel 2013 si sia completato.

I giornali stranieri, in questo caso il Nyt, l’hanno descritta come la «grande ombra italiana», un burattinai­o.

Parlano troppo con i giornalist­i italiani. Ma dato che ci tenete, posso dirlo: non sono il burattinai­o d’Italia.

Sorride qualche volta?

Mi capita. Anzi, rido un sacco.

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