Panorama

Lo Stato fa bingo

RECORD ITALIANI

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Almeno 6,2 miliardi. È la cifra del tutto inaspettat­a che il governo incasserà dalle aste per l’utilizzo fino al 2037 delle frequenze 5G. La vendita, al momento non ancora conclusa, viene fatta con un sistema di aste al rialzo e in lizza ci sono Tim, Vodafone, Wind Tre, Fastweb (entrata nelle reti di telefonia mobile a fine luglio con l’acquisizio­ne delle torri di Tiscali) e Iliad (che a tre mesi dal debutto in Italia ha già raccolto 2 milioni di clienti), mentre Linkem e Open Fiber, ammesse alla procedura, si sono ritirate. L’entità della cifra è tale (in Gran Bretagna le frequenze sono state vendute per meno della metà e in Spagna per appena 400 milioni) che ci sono timori che le aziende di tlc abbiano ancora le risorse per creare la rete e investire nei servizi. Che cosa farà il governo con questa pioggia di denaro? La legge di Bilancio dello scorso anno metteva in preventivo un incasso di 2,5 miliardi, che dovrebbero servire per abbattere il debito pubblico. Ne restano almeno 3,7 che però essendo una tantum non possono essere utilizzati per spese permanenti. Nel 2011 l’asta per il 4G garantì 4 miliardi, dei quali 1,6 di extragetti­to che - malgrado i tentativi di «scippo» - vennero utilizzati dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti a favore del debito e, in parte, per compensare i tagli ad alcuni ministeri. In ogni caso le quote non verranno versate subito per intero nelle casse dello Stato: arriverann­o quest’anno 1,25 miliardi dalla vendita delle bande subito disponibil­i. I pagamenti per la banda 700 Mhz arriverann­o a frequenze liberate, nel 2022.

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