Cent’anni di tirolitudine
Terra sensibile. Nel 2019 il «già» Sudtirolo sarà italiano da un secolo. E tra libri di successo, hôtellerie sofisticata, cibi di ricerca, mostra un volto cosmopolita.
Negli ultimi anni si sono celebrati i centenari di vari momenti storici del Primo conflitto mondiale - la dichiarazione di guerra, la battaglia del Piave, a breve l’armistizio del 3 novembre 1918 - immagino che lo stesso accadrà con il centenario della Conferenza di pace di Parigi, l’anno prossimo». Così la bolzanina Dietlinde «Lilli» Gruber - che ha dedicato al passato della sua terra una saga di successo in tre volumi di cui è appena uscito l’ultimo titolo, Inganno (Rizzoli) - commenta con Panorama a proposito dei cent’anni di appartenenza italiana dell’Alto Adige. «Non vivo lì da decenni, ma di certo la mia “Heimat” è passata attraverso varie illusioni nel Novecento» prosegue Gruber. «Quella di cui in particolare tratta Inganno è l’illusione di poter tornare a far parte dell’Austria. Credo che da questo tipo di sogni antistorici il Sudtirolo si sia svegliato, nonostante alcune recrudescenze. E voglio pensare che sia avviato sulla strada dell’unica appartenenza possibile: quella di una terra cosmopolita, poliglotta, pienamente europea».
Tempo di bilanci e di centenari, dunque, e il primo tra meno di un mese, per l’Alto Adige, o Sud Tirolo, come viene indicato più spesso dai suoi abitanti, ricordando invece l’antica appartenenza austriaca. Sempre più l’impressione è che queste valli e cime, Patrimonio Unesco dal 2009, si siano trasformate grazie alle nuove generazioni in una regione ad appartenenza globale, diventando uno dei luoghi più glam d’Italia: quasi tre milioni di presenze tra autunno 2017 e primavera 2018 in oltre 10 mila strutture ricettive hanno permesso soprattutto ai Millennial altoatesini di mettersi alla guida di un cambiamento accattivante in ogni settore, dal food alla musica, dal wellness all’arte, passando per lusso, green e tradizione. «Il cambiamento è incarnato anche dal
fattore socio-tecnologico» racconta Marco Balzano, autore di Resto qui (Einaudi) ambientato a Curon nel 1944, in una Val Venosta poetica, rurale, ma colma di conflitti, terra poi sommersa dalla costruzione di una diga negli anni 50. «Se parli con un giovane altoatesino oggi, anche se abita a Curon, ti dirà: “La mia è una storia di un altro tempo”. Perché lui è ormai un nativo digitale, global, iperconnesso».
Oggi il Sudtirolo è un ambìto set televisivo e cinematografico, luogo di sperimentazione, avanguardia gastronomica su produzione e lavorazione di materie prime, regno della bioarchitettura del futuro e insieme espressione di una cultura stratificata, contadina, fiera. Il boom del territorio parte dagli alimenti di base ora rilanciati in tutto il mondo, come il «latte fieno», prodotto da mucche foraggiate solo con erba fresca, fiori di campo e fieno e di- ventato un must in tutti i supermercati di tendenza. «Gli italiani che vengono ospiti qui devono conoscere la nostra identità tradizionale. Ma si deve presentare anche un Alto Adige non di vent’anni fa, bensì contemporaneo», spiega Manfred Kofler, nuova stella Michelin del Sudtirolo con il ristorante Culinaria im Farmerkreuz. «Per questo produttori e contadini devono poter continuare a fornirci materie prime pulite e oneste. E noi dobbiamo inventare, innovare». Un esempio della filosofia di Kofler nel piatto? Il grestel di animelle, piatto della tradizione di montagna, dove però le cipolle sono passate e le patate diventano una schiuma: ma devono venire dalla Val Pusteria, mentre finferli e porcini sono raccolti in stagione e il pane deve essere quello della Val Venosta. Buona terra non mente.