L’ultimo e imprevedibile poligrafo è Mauro Della Porta Raffo.
alla chiusura. Alcuni Monet, Renoir, Cézanne, Gauguin, Pissarro, Utrillo di buona fattura ma in qualche modo, tra virgolette, “normal”. Un Braque illuminante. Un Rouault di ottimo livello. Un Dalí e un Tanguy superiori. Un «doganiere» Rousseau supremo. Ov
Anzi, lo ritengo da tempo un artista concettuale, un performer della penna, un trasformista che va oltre i generi e le dottrine per contrastare il settarismo e il settorismo, lo specialismo e lo scemismo. Insomma, un fenomeno; con un delicato fratello minore, Silvio, che parla e sente con la voce e l’anima di Emily Dickinson, come un ventriloquo fragile e ispirato. Mauro il grande, come un altezzoso stilita, ha pochi ma considerati corrispondenti e io ho il privilegio di essere uno di questi. Mi arrivano suoi messaggi nei quali mi trasmette l’orgoglio e la superbia di un sapere capriccioso, imperioso e sconfinato. Egli si manifesta su qualunque argomento, specie se peregrino, marginale, ozioso e sa che in me trova udienza e ascolto: «Il movimento animalista debutta al Colosseo, dove i leoni mangiavano i cristiani». Giusto. Dopo tanti lampi chiede un’epigrafe: «Caro Vittorio, sarà pronto ad ottobre il mio Incontri e secessioni. Dizionario
enciclopedico. All’incirca 1.600 pagine articolate in oltre 900 voci. Non ti chiedo di leggerlo (sarebbe bello). Mi piacerebbe, però, poterlo introdurre con qualche tua parola che mi riguardi. Che ne dici? Magari, puoi cercarla adesso, al volo. Grazie. Mauro».
Dovrei introdurre, dunque, non quello che leggo, ma quello che suppongo. Poco dopo mi invia le sue considerazioni su siccità, sciamani e sangue dalle vene. Poi ritorna sulla terra e, aleggiando e provocando, scrive: «Sto raccogliendo firme per aumentare i vitalizi. Sei con me?». Delizioso provocatore. So di averlo vicino per qualunque battaglia impopolare. Scrive: «Hanno sperato in mille che Contrada morisse. È riuscito a restare vivo. Che fregatura!».
Della Porta Raffo ha davanti Marco Travaglio e lo sfida. Di me si fida. E mi confida pensieri impertinenti e spettinati: «Maurizio Martina ha la faccia e il look di un becchino. Giusto pertanto che sia stato eletto segretario del Pd». Qualche volta si interroga e non si risponde. Gli rispondono i tempi, con il loro silenzio: «Posso dire di essere contro l’aborto? Posso dire di essere contro le cosiddette famiglie allargate? Posso dire di essere credente? Posso dire di essere favorevole alla pena di morte? Posso dire che la dipartita di Pio XII ha segnato la fine della Chiesa? Posso dire...?» No. Non puoi dire. E forse neppure pensare.
In verità, una risposta se l’è data: «Cercate tutti una spiegazione. Per ogni comportamento. In ogni situazione. Per qualsiasi accadimento. Ricordo in proposito un passo di Addio alle armi. Catherine chiede al protagonista perché, americano, si sia arruolato come volontario per guidare le ambulanze sul fronte italiano. “Non lo so” è la risposta, seguita da “Non c’è sempre una spiegazione per tutto”. Illuminante la replica di Catherine: “Ah,no? Ero cresciuta credendo che ci fosse”. “Ecco, io no!”».
Della Porta Raffo sa che i nostri concetti si incrociano e si attraversano, e che io sono popolare anche quando dico cose impopolari. E questo lo eccita e lo indispettisce. Allora entra a gamba tesa, con il suo sapere universalistico, nella mia materia e apre la voce «Arte», facendomi il verso mostrandosi un fantasista, un artista prima che un saggista, capace di ogni travestimento.
«A Milano. Di mattina. Una domenica d’agosto. La città deserta. Bellissima. E sogni che d’improvviso un illuminato dittatore imponga la chiusura totale e perpetua del magnifico centro urbano a tutti i veicoli. Impressionismo e Avanguardie. Capolavori
dal Philadelphia Museum of Art la mostra a Palazzo Reale che mi ha convocato. Perentoriamente, mancando solo una settimana
SCOPRIRETE CHE È UN NUOVO LEO LONGANESI. IO POSSO SOLTANTO IMMAGINARE L’OPERA ESSENDO ILLUMINATO COME LUI E DA LUI.