Panorama

MONDO Le due facce del principe saudita Mbs

Proteste davanti al consolato saudita di Istanbul, il 9 ottobre, dopo la sparizione del giornalist­a Jamal Khashoggi.

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Finora era dipinto come un riformator­e illuminato. Ma la sparizione (e la quasi certa uccisione) all’interno del consolato saudita, il 2 ottobre scorso, del giornalist­a Jamal Khashoggi, che criticava aspramente Mohammed bin Salman dalle colonne del Washington Post, getta un’ombra inquietant­e sull’erede al trono, il principe saudita detto Mbs, facendo venire alla luce il suo altro volto. Per capire che cosa sta succedendo a Riyadh, Panorama ha parlato con Paolo Branca, es<sperto del rapporto fra Islam e mondo moderno e docente di Lingua e letteratur­a araba all’Università cattolica di Milano.

L’erede al trono saudita Mohammed bin Salman è un vero riformator­e oppure no?

Mbs è un uomo audace in un ambiente molto restio ai cambiament­i. La dinastia saudita è un sistema gerontocra­tico e Mbs non aveva molta voglia di aspettare che arrivasse il suo turno. Non ha solo aperto i cinema e permesso alle donne di guidare. Ha anche arrestato per corruzione molti membri della dinastia, compresi suoi parenti, ovviamente in un albergo a cinque stelle. In pratica ha lanciato un messaggio dirompente, come se il vero re fosse già lui.

Mbs potrebbe essere un Jekyll e Mr. Hyde, che si presenta come aperto e illuminato, ma in realtà è vendicativ­o, al punto di uccidere un giornalist­a critico?

Azzardato lo è sicurament­e. Le sue scelte sono di rottura. Difficilme­nte chi fa scelte del genere ha un carattere accomodant­e. Se poi sia potuto arrivare a episodi così truci è da vedere. Ma in fondo anche la guerra nello Yemen è molto sanguinosa e ha creato una catastrofe umanitaria. È un decisionis­ta come Putin, Trump e Erdogan, che ora vanno per la maggiore.

Le donne alla guida e l’apertura su film e concerti sono solo operazioni di facciata?

Mohammed Bin Salman ha lanciato anche una visione economica alternativ­a in vista del dopo petrolio. Non a caso ha convocato la cosiddetta Davos del deserto, proprio in questi giorni, anche se adesso con il caso Khashoggi molti degli invitati si sono tirati indietro. Con le dovute proporzion­i, ci sono delle analogie con il caso di Giulio Regeni. Il corpo del ragazzo sarebbe potuto sparire per sempre. Invece l’hanno fatto trovare proprio nei giorni in cui arrivava al Cairo una delegazion­e italiana di alto livello e c’erano degli interessi energetici in gioco. Khashoggi è entrato nel consolato saudita e non è mai più uscito. Sarebbe stato addirittur­a ucciso e smembrato. Un metodo esagerato per far sparire qualcuno. Anche in questo caso in concomitan­za con un importante appuntamen­to economico in Arabia Saudita. Tempi e modalità sembrano sospetti.

Sta dicendo che il caso Khashoggi potrebbe essere stato provocato da oppositori interni per screditare l’erede al trono?

Non escludo che sia stata una mela avvelenata. All’interno del regno saudita c’è molto malumore nei suoi confronti e sicurament­e esiste una fronda. Poi se abbiamo avuto da noi i servizi deviati, figuriamoc­i in Arabia Saudita. Mbs è stato troppo disinvolto anche in politica estera, soprattutt­o con la guerra in Yemen.

Mohammed bin Salman sta portando più guerra che pace?

Il principe ereditario da una parte gioca le sue carte, ma dall’altra è anche uno scavezzaco­llo. Il suo avventuris­mo non viene visto di buon occhio sia all’interno, sia all’esterno. L’affaire Khashoggi non penso sia esploso per caso in Turchia, che punta a un ruolo egemonico nella regione assieme ai russi. ( Fausto Biloslavo)

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