L’EURO CI HA IMPOVERITI?
Un terzo degli italiani, e alcuni politici oggi al potere, sono convinti che con la lira si stesse meglio e che la colpa della scarsa crescita dell’Italia sia dell’euro e delle sue regole. Intanto andrebbe ricordato che prima dell’avvio delle politiche di avvicinamento alla moneta unica, in Italia l’inflazione viaggiava oltre il 10 per cento e i tassi dei mutui erano al 12 per cento. Con un’inflazione stabile, invece, i meno abbienti sono più tutelati dall’erosione della loro ricchezza e del loro potere d’acquisto. E dal 1999 a oggi l’Italia ha vissuto il più lungo periodo della sua storia recente senza crisi valutarie e finanziarie, nonostante gli effetti della recessione economica globale. Come sottolinea Franco Bruni, professore ordinario di Teoria e politica monetaria internazionale all’Università Bocconi, «con l’euro abbiamo avuto la stabilità monetaria, inflazione e tassi di interesse più bassi, maggiore libertà nel trasferimento di capitali. E le banche sono sottoposte a una sorveglianza molto più severa rispetto al passato». E le imprese, che dicono di aver sofferto una crisi profonda a causa dell’euro? Tiraboschi della Brembo replica che le aziende a soffrire di più sono state quelle orientate principalmente al mercato domestico: «Ma nel loro caso, secondo me, non è stato l’euro la causa dei loro problemi, quanto la globalizzazione, la concorrenza da parte dei produttori a basso costo». «Certo» riconosce Francesco Saraceno, membro del consiglio scientifico della Luiss School of European political economy, «con la lira il
governo avrebbe mani libere per fare finalmente una politica espansiva, svincolata delle regole europee. Ma è davvero questa la causa della bassa crescita dell’Italia? La gabbia delle regole europee?» A chi sostiene che la camicia di forza imposta dall’euro sia la ragione di tutti i nostri mali, l’economista della Luiss Veronica de Romanis risponde che «le regole fiscali assicurano stabilità e quindi crescita, come detto varie volte dal ministro Tria. I dati lo dimostrano: il deficit medio dell’Eurozona è pari a 0,7 per cento, di gran lunga inferiore alla soglia del 3, mentre la crescita media è al 2,3 per cento, quasi due volte quella dell’Italia». De Romanis cita in particolare l’esperienza di economie come la Spagna e il Portogallo che in passato hanno dovuto risolvere pesanti crisi e sono state salvate grazie a aiuti finanziari europei: «La Spagna ha ridotto il deficit di oltre 7 punti percentuali (dal 10,5 per cento del 2012), il Portogallo di 8 punti percentuali (dal 11,1 del 2011). Entrambi i Paesi oggi crescono più dell’Italia e più della media europea, rispettivamente del 3,1 e del 2,7 per cento».