Infinita Pompei
Nell’antica città sepolta dal Vesuvio archeologi di tutto il mondo continuano a indagare ed esplorare. E a ogni scavo emergono sorprese. Ecco le ultime scoperte. Una frase. Su due righe. Sette parole: «XVI (ante) K (alendas) Nov (embres) in[d]ulsit pro ma
È una sorta di «pistola fumante», quella frase segnata con un carboncino su una parete della Casa con il Giardino: una delle tante domus della Regio V, un’area prossima alla via di Nola, dove si scava nell’ambito del Grande progetto Pompei (105 milioni di euro arrivati dalla Ue) per la messa in sicurezza di tre chilometri di fronti. Una «pistola fumante» che potrebbe rendere inutili i fiumi d’inchiostro che su Pompei e le città «sorelle» si sono versati da quando, nel 1748, iniziarono gli scavi sistematici dei Borbone.
Eppure il condizionale è d’obbligo.
La frase, vergata con un carboncino, riporta solo giorno e mese. Manca l’anno. Dunque, chi la scrisse potrebbe averlo fatto uno o anche due anni prima. «Certo» ammette Antonio Varone, archeologo e epigrafista, per trent’anni direttore degli scavi pompeiani, che ha tradotto il graffito. «Una scritta con carboncino può conservarsi bene anche dopo qualche anno, così come può degradare in poche
settimane. Pur con qualche dubbio, sono indizi pesanti per la datazione». Dunque, la «nuvoletta di fumo» della pistola torna a essere un filo. Anche perché arriva una nuova interpretazione della scritta: Giulia Ammannati, epigrafista della Normale di Pisa, dopo «Novembres», traduce la frase «in olearia Proma Suserunt» come «hanno preso nella dispensa olearia» (nella data del 17 ottobre). E il giallo diventa ancora più giallo: c’è stata anche la trascrizione di Pier Luigi Tucci del Dipartimento di storia dell’arte dell’Università Johns Hopkins di Baltimora che traduce: «Il 17 ottobre, il Vesuvio ha tremato (ha fatto tremare, forse, la casa o la stessa città) al più alto grado…»
Sono questi i quesiti con cui archeologi e filologi si dovranno confrontare per i mesi e gli anni a venire. Perché Pompei e le altre aree archeologiche campane sono un enorme cantiere. Dappertutto si scava, si restaura, si indaga. Ci sono, fra gli altri, gli inglesi della British School di Roma, gli spagnoli del Museo di Preistoria di Valencia; l’Ecole française di Roma, il Bureau di studi archeologici Éveha e il Laboratorio di antropologia dell’Università di Bordeaux; l’Istituto di Archeologia Classica dell’Università di Berlino, l’Istituto Fraunhofer per la Fisica delle Costruzioni di Monaco, l’Istituto per i Beni archeologici e monumentali del Cnr. Un cantiere straordinario, dal quale tessera dopo tessera si ricostruisce la vita di una città romana del I secolo d. C.
Pompei è una sorta di «Porta del Tempo» che ti fa entrare in una dimensione fantastica. «Stiamo rivivendo l’emozione di grandi scoperte grazie a scavi condotti con metodologie all’avanguardia, tecnologie moderne e multidisciplinari e una squadra di professionisti in confronto continuo»» racconta Massimo Osanna, l’archeologo che guida Pompei e il suo Parco archeologico da più di quattro anni.