Il Grande Progetto Pompei è un cantiere in continua evoluzione, grazie anche a 105 milioni di fondi dalla Ue.
Così, dal cantiere rinascono spettacolari affreschi e megalografie. Come quelle ritrovate nella Casa del Larario, una domus con un giardino delle meraviglie tale è la bellezza e la vividezza degli affreschi rinvenuti sulle pareti. Sull’altarino che stava nel giardino, sotto la nicchia, un tempietto degli antenati, hanno trovato tracce di profumi bruciati agli dei perché li salvassero dalla montagna che era esplosa. E, vicino all’altarino, una lucerna di bronzo, rimasta intatta: era caduta dal tempietto dove la fiamma ardeva perenne.
Segni di devozione e di paura. Nel registro inferiore, di fronte al larario (il luo- go riservato al culto dei Lari) che espone le pitture di due lunghi serpenti davanti a un’ara di marmo su cui sono deposti una pigna, uova, datteri e fichi, c’è una parete con una megalografia di animali in lotta: un cinghiale inseguito da felini e da un uomo-cane. E poi, pavoni, caprioli, piante. Colori vividi, adesso. Tra un anno già non lo saranno più. E accadrà lo stesso per la pittura che sta su una parete della Casa con Giardino: una Venere con accanto Adone (o Paride) e Eros.
Si conserveranno sicuramente meglio i colori delle tessere dei due mosaici appena scoperti nell’adiacente Casa di
Giove: in uno abbiamo un gruppo di animali, cervo, cane, coccodrillo, farfalla e serpente tenuti a guinzaglio da un individuo la cui figura si è conservata solo parzialmente; nell’altro, un cobra svetta verso una creatura metà uomo e metà animale. Tutto da studiare, e da capire.
Così come dovranno essere spiegati
il volto di donna affrescato in una casa di via Vesuvio; il Priapo «osceno» simile a quello della casa dei Vettii rinvenuto nella stessa domus; e ancora, la piccola fullonica, la tintoria di 2 mila anni fa; il vicolo dei balconi, sui quali sono state trovate anfore capovolte; le iscrizioni elettorali; le monete d’argento del fuggiasco. Infine, la «casa dei delfini» chiamata così per le molte decorazioni con delfini che saltano dalle onde.
Questo vedranno i turisti tra un paio di anni. Confidando che non tocchino, che non cavalchino blocchi di pietra e colonne. E sperando che vengano assunti custodi e maestranze, come ha assicurato il ministro Alberto Bonisoli. Mancano, da una stima della Cisl-Ministero Beni culturali territoriale, almeno 700 unità da impegnare per la custodia di quasi 700 mila metri quadri di area archeologica scavata.
Ma non è solo Pompei, il «cantiere».
Poco lontano, da uno scavo a Civita Guliana, sono spuntati tre cavalli da parata bardati con finimenti di bronzo. Di uno è stato fatto il calco: il primo al mondo di un cavallo. A Stabiae gli archeologi russi restaurano Villa Arianna. Ercolano ha riaperto alle visite, benché a singhiozzo, il Teatro antico, che per primo venne scoperto dai Borbone, 20 metri sotto terra. A Cuma, viene fuori una tomba dipinta del V secolo a.C.. E a Paestum, nei colori della tomba del Tuffatore, si è trovato il Blu egizio, il primo colorante sintetico della storia. Un miracolo, per un Paese come l’Italia che destina una miseria per la salvaguardia e la valorizzazione di un patrimonio culturale unico al mondo.