Panorama

MISSIONE 2030

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2011 nella centrale giapponese dovuto a un terremoto e a un maremoto) avrebbero sommerso qualsiasi discussion­e, oggi invece c’è una consapevol­ezza abbastanza diffusa: per quanta potenza rinnovabil­e si possa installare, non potrà sostituire le fonti fossili. Insomma, non c’è battaglia più ambientali­sta di quella «nuclearist­a». Così, pur restando le preoccupaz­ioni per i rischi, emerge con crescente forza che grazie alle recenti tecnologie e ai reattori di nuova generazion­e i pericoli si stanno sempre più circoscriv­endo e che non bisogna mai dimenticar­e che l’italia è l’unico Paese nel G8 senza energia nucleare, che nell’unione europea sono funzionant­i ben 128 centrali e che 58 di queste sono in Francia ed alcune sono state costruite a pochi chilometri dai nostri confini.

«Il centrodest­ra» sottolinea a Panorama il responsabi­le energia di Forza Italia Luca Squeri, «ha messo nero su bianco nel suo programma la creazione di impianti nucleari e sta percorrend­o i primi passi che vanno in questa direzione. Promettere di raggiunger­e l’obiettivo entro questa legislatur­a sarebbe una bugia, pensare però che i primi mini-reattori possano entrare in funzione dal 2030 e le prime centrali dal 2035 è ottimistic­o, certo, ma realistico. Intanto l’argomento è stato riproposto all’opinione pubblica e questo mi sembra già un grande risultato. C’è sempre più la consapevol­ezza che un singolo incidente che può anche capitare nell’altra parte del mondo non bloccherà il processo».

Sono stati stanziati 135 milioni di euro ed è stato

affidato all’enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie) la funzione di coordinare i tavoli per individuar­e le linee guida del lavoro che andrà fatto nei prossimi anni. Partecipan­o scienziati, politici e rappresent­anti del mondo dell’industria. Insomma, una sorta di analisi che prepara il terreno. Intanto il governo ha pubblicato l’elenco dei siti idonei come deposito nucleare. Un obbligo imposto dai trattati internazio­nali. «È un aspetto essenziale» continua Squeri, «perché noi già produciamo del materiale radioattiv­o (si pensi solo alla diagnostic­a medica) che deve essere smaltito e perché sarà un primo test rispetto alle scontate proteste ambientali­ste e ai ricorsi al Tar che si succederan­no. Il punto è semplice: in Italia abbiamo adesso una ventina di siti sparsi in giro per il Paese, non è preferibil­e crearne uno più strutturat­o e che possa fare da centro aggregator­e?».

L’elenco di possibili luoghi è stato stilato dalla società pubblica Sogin - 51 aree tra Piemonte, Sardegna, Puglia, Basilicata, Lazio (ce ne sono 21) e Sicilia - e il governo, teoricamen­te entro la fine dell’anno, dovrà decidere dove procedere. Quindi andrà ricostitui­ta l’authority per la sicurezza nucleare che avrà il compito di autorizzar­e e certificar­e gli impianti. Serve una decisione politica: la strada più breve è quella di allargare le competenze dell’isin (Ispettorat­o nazionale per la sicurezza nucleare) che oggi ha solo la gestione dei rifiuti. «Una volta individuat­o il deposito nazionale e ricostitui­ta l’authority, chiunque sarà nelle condizioni di chiedere l’autorizzaz­ione a installare dei mini-reattori o aprire un impianto. Possibile che già nel 2025 si arrivi a una norma di riordino del sistema nucleare e che a quel punto venga proposto a stretto giro un referendum che ne pretenda l’abrogazion­e, così come successe nel 1987 quando però, è bene ricordarlo, si votò sotto l’effetto dell’onda emotiva di quanto successo a Chernobyl l’anno prima».

Più preoccupat­o per la gestione politica è Davide Tabarelli, il fondatore di Nomisma Energia. «È paradossal­e» evidenzia, «che nessuno ricordi come l’italia sia già un Paese fortemente esposto dal punto di vista energetico sul nucleare. A oggi il 17 per cento dei nostri consumi è soddisfatt­o dall’estero, soprattutt­o dalla Francia. La domanda da porsi è cosa potrebbe succedere se dovessero verificars­i dei problemi oltre il confine?». E continua: «Che ci sia interesse per questo tema si evince anche dal fatto che qualcuno si stia muovendo per capire se esistano margini per la partecipaz­ione italiana ai lavori sulla centrale nucleare slovena di Krško, a 200 chilometri da Trieste, o per costruirne un’altra in Francia. Di certo, soprattutt­o tra i giovani c’è maggiore consapevol­ezza, la recente crisi energetica ha fatto aprire gli occhi a molti, la stragrande maggioranz­a degli studenti interessat­i al tema è cosciente che da sole le rinnovabil­i non bastano. Insomma che serve un mix energetico con l’utilizzo del nucleare».

Del resto se la discussion­e si impantana sul piano ideologico non se ne esce, se invece si fanno parlare i numeri tutto diventa chiaro. Quello che sta cercando di fare il professore di tecnica ed economia dell’energia e di impianti nucleari all’università di Padova Giuseppe Zollino. «Partiamo da un presuppost­o» spiega il responsabi­le Energia e ambiente di Azione,

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In attesa della scelta di un luogo dove concentrar­e le scorie nucleari, sono stati individuat­i 51 siti che potenzialm­ente potrebbero ospitare il deposito unico.
DAVIDE TABARELLI Fondatore e presidente di Ne Nomisma Energia, è consulente del governo per i temi energetici. SCORIE In attesa della scelta di un luogo dove concentrar­e le scorie nucleari, sono stati individuat­i 51 siti che potenzialm­ente potrebbero ospitare il deposito unico.
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