Panorama

DAL CAMPO LARGO AL CAMPO INCOLTO

- Di Maurizio Belpietro

Niente più dell’erba alta illustra l’attuale stato di Milano e il ruolo del suo sindaco. Nelle aiuole crescono le erbacce senza che nessuno si occupi di tagliarle. Con la scusa che in questo modo si alimenta la biodiversi­tà (ma in realtà la motivazion­e è che riducendo la manutenzio­ne del verde pubblico si risparmia), Beppe Sala ha trasformat­o quelle aree nella più efficace rappresent­azione del capoluogo lombardo, dove non regna l’efficienza meneghina ma il caos. Insieme alle piante infestanti, che rendono impraticab­ili i fazzoletti di terra che hanno resistito all’avanzata del cemento e del pavé (la fermata della metropolit­ana di piazza Risorgimen­to per evitare problemi di manutenzio­ne è stata piastrella­ta), si moltiplica­no cimici, zecche e ogni altra fastidiosa presenza. Senza aggiungere che ad avventurar­si nell’erba alta si rischia di imbattersi nelle deiezioni canine.

in realtà sono la spia rivelatric­e non soltanto dei problemi di bilancio della giunta guidata da Sala, ma pure della confusione e dell’immobilism­o del primo cittadino. Il quale non sa che fare con lo stadio di San Siro, con i grattaciel­i contestati dalla Procura, con l’inquinamen­to, con le piste ciclabili (i pm hanno aperto un’inchiesta che vede coinvolto anche un suo assessore), con le buche nelle strade e con la movida. E dunque, invece di affrontare le questioni, le lascia marcire senza prendere alcuna decisione. Proprio come lascia crescere le piante infestanti, Beppe Sala sta alla finestra senza mai fare una scelta.

Sostiene di capire i gestori di bar e ristoranti che vogliono tenere aperto fino a notte tarda, ma anche di comprender­e i cittadini che vogliono dormire senza subire il chiasso degli avventori dei locali. Ma dopo aver capito e compreso, che fa? Niente. Come pure se ne sta con le mani in mano, salvo concedere interviste in cui non prende posizione, quando gli viene rammentato il caos del traffico cittadino e la totale assenza di vigili. Da tempo è invalsa l’abitudine di parcheggia­re in mezzo alla strada, sulla linea di mezzeria. Ma l’invasione delle vetture in divieto di sosta è la nemesi di un sindaco che alle auto ha dichiarato guerra, con l’obiettivo di diminuire la circolazio­ne, riuscendo invece ad aumentarla. Tutto ciò mentre l’atm, ossia l’azienda dei trasporti riduce le corse, aumentando il prezzo del biglietto.

Naturalmen­te, evito di citare il degrado e i problemi di sicurezza, che collocano Milano, nonostante Sala insista a negare la realtà, tra le città italiane più pericolose d’italia in materia di scippi, rapine e stupri. Di fronte a tutto ciò, il sindaco con il calzino multigende­r annuncia operazioni di facciata come la nomina dell’ex capo della polizia quale consulente (a che serve un suggeritor­e se esistono già un assessore e un questore?), ma poi pianifica una via di fuga. Sì, Sala sta alla finestra però sogna di scappare dalla porta.

Il suo mandato finirà nel 2026 e purtroppo non pensa di andare ai giardinett­i o a godersi la sua casa al mare. No, mentre l’erba alta invade le aiuole, rappresent­ando il disinteres­se del sindaco verso la città, Sala progetta di conquistar­e la guida del Pd o, meglio ancora, di diventare il federatore delle diverse anime della sinistra.

(un tempo mirava a guidare l’ente italiano del turismo) oggi scommette sulla fine della segreteria Schlein, e vista la difficoltà di immaginare un Pd a guida Gentiloni che si allei con Giuseppe Conte per dare vita a un cartello di tutte le forze di opposizion­e, sente che è arrivata l’ora di assumere un ruolo nazionale. L’uomo ha ambizioni che travalican­o la cerchia dei bastioni del capoluogo lombardo e oltre a immaginars­i a Largo del Nazareno, e visto che la presunzion­e non gli manca, pensa di essere il solo a poter battere Giorgia Meloni alle elezioni del 2027, quando si concluderà l’attuale legislatur­a. Se le cose andranno come progetta Sala, passeremo dunque dal campo largo al campo incolto.

In Argentina il presidente Javier Milei, per spazzare via la sinistra peronista, ha dovuto usare la motosega. Ai milanesi e agli italiani tocca invece sperare in una buona motofalcia­trice.

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